mercoledì 18 novembre 2009

Sull’età del matrimonio nell’Islâm, e poi sul significato della parola “pedofilo”




Novembre 17, 2009 di ummusama




A cura di di Kārih Faransā cabd al-Mumīt Misogallo
Novembre 17, 2009 di ummusama


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I due piú felici matrimonî del Profeta Muhammad (pace e benedizioni su di lui) furono quelli con Hadīja e cĀ’iša (che Allah abbia misericordia di entrambe): ciò dimostra che l’unione coniugale di un musulmano è lecito tanto con una donna piú anziana, quanto con una donna piú giovane. Non esiste nessuna limitazione relativa all’età: è necessario che l’uomo e la donna siano nel pieno possesso delle loro facoltà mentali, e diano l’assenso al matrimonio; per quanto riguarda specificamente le donne, bisogna che, al fine di iniziare la vita coniugale, superato il menarca abbiano iniziato i cicli mestruali regolari. Il Profeta Muhammad (pace e benedizioni su di lui) mise in evidenza quali virtú la moglie di un musulmano debba possedere piú di ogni altra cosa.
Egli disse: “Un uomo sposa una donna per quattro qualità: perché è ricca, perché ha una buona famiglia, perché è bella, perché è devota. Prediligi la devozione, altrimenti perderai la tua fortuna”. (Buhārī, volume 7, libro LXII, detto 27).
Egli sposò un certo numero di donne che erano rimaste vedove, avendo perso mariti i quali erano stati compagni del Profeta stesso: la poligamia nell’Islam serve anche e soprattutto per dare sicurezza alle donne ed evitare quindi prostituzione, concubinato e mendicità.
E in merito al fascino ed alla grazia che le ragazzine, ovverosia coloro che sono appena diventate donne, portano al loro consorte chiese a Jābir ibn cabd Allāh: “Hai sposato una vergine o una matrona?”. Costui rispose: “Una matrona”. E il Profeta (pace e benedizioni su di lui) disse: “Perché non hai sposato una ragazzina, affinché tu giocassi con lei ed ella con te?” (Buhārī, 7, LXII, 16). D’altra parte non si può nemmeno affermare che il Profeta (pace e benedizioni su di lui) riservasse grande attenzione a ciò: fu la straordinaria cĀ’iša l’unica sua moglie molto giovane.

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Qual è la posizione dell’Occidente?
Se consideriamo quel che si legge sur un qualsivoglia esame ecografico, il rischio di trisomia 21 per il primo trimestre è statisticamente compreso fra 0,06% e 0,10% per le quindicenni, sfiora il 20% per le ventenni, e via via cresce con l’aumentare dell’età, impennandosi già prima dei trent’anni. Questa è una statistica, e non bisogna ovviamente mai dimenticare che alcune ventenni sono biologicamente piú anziane di certe trentenni: età biologica ed età anagrafica sono concetti ben differenti. Il grafico presenta come estreme i quindici e i cinquant’anni d’età; in realtà, come taluni medici confermano, il rischio di trisomia 21 diminuisce ancora se la madre è piú giovane, ma non lo ritrova nei diagrammi giacché sarebbe politicamente scorretto e interpretabile quale “invito a gravidanze indesiderate di giovanissime”: ciò è normale per una società in cui, come dice il presentatore televisivo Giletti, “Da noi l’adulterio ormai è una cosa che fa ridere”.
(Ridono meno quelle decine e decine di donne, e in misura minore uomini e bambini, che ogni anno sono ammazzati per motivi di gelosia e contrasti matrimoniali.)


Come si vede, ogni scienza moderna, a distanza di secoli e secoli, dimostra inesorabilmente ed esattamente la veridicità di ciò che affermano il Corano e la Sunna, e ch’è alla base della Legge islamica: ciò, fra l’altro, volle insegnarci il Profeta (pace e benedizioni su di lui) mediante il suo matrimonio con cĀ’iša (che Allah abbia misericordia di lei).
Secondo la legge di molti stati, compreso quello italiano, un uomo e una donna possono sposarsi soltanto se hanno compiuto il diciottesimo anno d’età. In Italia serve l’assenso del Tribunale dei minorenni allorché desiderino sposarsi sedicenni e diciassettenni; chi è piú piccolo può sposarsi con un altro minorenne soltanto se è già nato un figlio, ed è proibito qualsiasi rapporto sessuale a chi ha meno di quattordici anni. La conseguenza è che quando una donna tredicenne ha un figlio, il suo compagno, qualora sia piú grande di lei, è punito dalla legge, ma la pena diventa simbolica se la donna afferma di essere stata consenziente.
Quanto sia imbecille una legge cosí innaturale è confermato dagli avvenimenti di tutti i giorni, e lo stesso discorso vale per i reati commessi dai minorenni: quando una coppia di rapinatori è arrestata, un criminale di diciassette anni e undici mesi è punito in maniera diversa dal complice che ha un mese di piú, per il solo fatto ch’è nato dopo. Di conseguenza la criminalità organizzata si serve di dodicenni e tredicenni che non sono perseguibili dalla legge.
Si noti dunque quanto sia disgustosamente ipocrito l’atteggiamento diffuso in Occidente su questi temi: da una parte si presentano le quindicenni quali bambine, dall’altra si afferma che elle sarebbero non solo piú sveglie ed emancipate rispetto alle quindicenni delle generazioni passate, ma addirittura fisicamente piú mature; da una parte si impone per legge che elle non possono sposarsi, dall’altra si distribuiscono loro preservativi e pillole antiabortive; da una parte si sostiene che siano piccine e si occulta la loro faccia quando compaiono alla televisione, dall’altra, sempre per mezzo della televisione e pure della pubblicità, le si fa arricchire e maggiormente le si sfrutta come ballerine, attrici e cantanti, nel dorato mondo dello spettacolo.
Un uomo musulmano, seguendo l’esempio del migliore degli uomini, ossia il Profeta (pace e benedizioni su di lui), anche ai nostri giorni può essere poligamo ed anche sposare una donna di nove anni, nei rari casi in cui a tale età si raggiunga la maturità. Se i miscredenti capiscono che in ciò non esiste alcun male, meglio per loro, ma in caso contrario per i musulmani non cambia niente: la Sciaria è Legge valida sino alla fine dei tempi, i musulmani hanno la loro morale, e sono assolutamente indifferenti a ciò che di loro pensano i miscredenti, giacché sono semmai questi ultimi a doversi vergognare di ciò che fanno.
I musulmani sono orgogliosi di qualsiasi aspetto della loro religione, e non devono giustificarsi di niente con nessuno.
Nessun aspetto della religione deve essere rinnegato: chi lo fa diventa miscredente. Chiese infatti il Profeta (pace e benedizioni su di lui) a ibn Hātim: “A-laysa yuharrimūna mā ahalla ’Llāhu fa-tuharrimūnahu, wa-yuhillūna mā harrama ’Llāhu fa-tuhillūnahu? (E dunque essi, i miscredenti, proibiscono quello che Allah ha permesso, quindi voi lo proibite; e permettono quello che Allah ha proibito, quindi voi lo permettete?)” “Balā (Veramente sí)” fu la risposta. Ed egli “Fa-tilka cibādatuhum (E ciò significa adorarli)”.
I musulmani devono lottare per ottenere uno statuto giuridico collettivo autonomo nelle società in cui vivono come minoranze: qualcosa si è già conseguito in Gran Bretagna, luogo nel quale lo stato comincia a riconoscere corti islamiche che si occupano di diritto familiare. Ciò avviene poiché il sistema giuridico della Gran Bretagna è legato ancora all’epoca medievale, e non si basa sul diritto positivo alla francese: la Gran Bretagna è uno stato dinastico, che in passato fu organizzato quale impero. Il peggior modello, per i musulmani, è quello francese, che nel suo laicismo tende a escludere ogni religione dalla vita pubblica e a relegarla nella sola sfera privata del singolo individuo. Quando si sarà ottenuto lo statuto giuridico collettivo autonomo si potranno celebrare anche matrimonî di fuori dagli odierni stupidi limiti d’età.


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Il vocabolo pedofilo deriva dall’aggettivo greco παιδόφιλος (si pronunzia paidòphilos), formato da paido- ‘fanciullo’ e -philo ‘caro, amorevole’, che in greco classico compare sporadicamente: lo si trova nei tardi Inni Orfici (IV secolo d.C.), e in forma comparativa femminile in Saffo (VII-VI secolo a.C.), la poetessa di Lesbo nota per le sue infatuazioni nei confronti delle allieve della scuola (il termine lesbica si deve a lei); nella forma paidophìlēs fu adoperato dall’elegiaco Teognide di Megara Nisea (VI sec. a.C.). Questo vocabolo era usato soltanto per indicare specifiche tendenze omosessuali.
Molto diffusa era invece la parola παιδεραστής (paiderastḕs), che significava ‘amante appassionato di fanciulli’, e si usava anch’esso solamente in relazione ad amori omosessuali: da essa proviene l’italiano pederasta. Questo vocabolo indicava propriamente il maschio che superasse i limiti comunemente accettati per le pratiche sodomitiche di quella società.
Nell’Antica Grecia e poi a Roma, infatti, all’omosessualità era attribuito carattere pedagogico: il maschio divenuto adulto, prima di iniziare la vita matrimoniale, e per un certo numero di anni anche dopo, di norma ma non obbligatoriamente stabiliva un legame affettivo, sentimentale e pure carnale, con un adolescente (efebo), il quale era cosí guidato alla conoscenza dell’erotismo da un uomo piú grande di lui; tutto ciò, da parte di un adulto, era ritenuto complementare alla regolare vita matrimoniale. Di questo si può trovare un esempio nella storia dell’eroe Eracle e del giovinetto Ila, rapito dalle ninfe e perciò causa di grande dolore per lo stesso Eracle (l’Hercules latino): trattarono questo tema nel III secolo d.C. Apollonio Rodio nel poema Argonautiche e Teocrito di Siracusa nel poemetto mitologico intitolato appunto Ila. Di tale sorta furono gli amori dei grandi personaggi storici greci e romani.
Se l’amore per i fanciulli diventava esagerato, l’adulto in questione era reputato paiderastḕs; quando poi un uomo ignorava i rapporti eterosessuali e si dedicava alla sola sodomia, era considerato un invertito ed era disprezzato dalla società.
Per quanto riguarda le donne, esse si sposavano nella maggior parte dei casi subito dopo essere diventate mature: di solito a tredici o quattordici anni.
In epoca contemporanea la parola pedofilia indica un’attrazione morbosa verso bambini e bambine da parte di un adulto, per esempio la si definisce “perversione sessuale caratterizzata da attrazione verso i bambini, indipendentemente dal loro sesso” (Enciclopedia Medica Garzanti, anno 1975, volume II, pagina 1170). Piú articolata la definizione dell’Enciclopedia Medica per la Famiglia (Fabbri editori, anno 1964, volume XII, pagina 3020, sotto la voce Aberrazioni sessuali): “La pedofilia è frequente e consiste nell’avere rapporti sessuali con i bambini, questa però rientra nel quadro dell’omosessualità (talvolta si tratta di rapporti con persone dell’altro sesso, ma sono sempre relazioni incomplete e ispirate dalla paura della donna adulta e del rapporto sessuale autentico)”. Nella pagina summentovata, insieme con la pedofilia, sono elencate le voci omosessualità, sadismo, masochismo, esibizionismo, voyeurismo, feticismo, necrofilia, transvestitismo e zoofilia.
Come si capisce bene, in tali definizioni si tratta di bambini, non di donne che abbiano già avuto il menarca e iniziato i normali cicli mestruali, e la suddetta attrazione morbosa non ha niente che fare con un matrimonio regolare fra un uomo e una donna: chi sostiene il contrario non soltanto è intellettualmente disonesto, ma è anche un emerito ignorante.
Inserisco l’immagine di un matrimonio islamico celebrato in Afghanistan all’inizio del 2007: la sposa ha undici anni, suo marito quaranta. Questo è ciò che avverrà anche nell’Europa musulmana prossima ventura, col permesso di Allah l’Onnipotente.

Pubblicato da Umm Usama su AmatAllah (Il Blog biblioteca di Umm Usama)











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