BREIVIK IL SIONISTA di M. Blondet
.pubblicata da Claudio Mutti il giorno sabato 30 luglio 2011 alle ore 19.21.Lunedì 18 luglio, ad Oslo, il ministro degli Esteri Jonas Gahr Store ha ricevuto Mahmoud Abbas, il capo dell’Autorità Palestinese, rendendo chiara e definitiva la volontà del governo norvegese di riconoscere la Palestina come Stato. Al rappresentante palestinese in Norvegia è stato ricoinosciuto lo status di ambasciatore.
È una mossa a cui Israele è estremamente ostile. Benchè l’aspirazione della Palestina a dichiararsi unilateralmente Stato sia appoggiata da molti Paesi del Terzo Mondo e dell’America Latina, la Norvegia è l’unico Stato europeo a farlo. Il 19 luglio, martedì, Eskil Pedersen, il leader del movimento giovanile del partito laborista norvegese (AUF) rilascia dichiarazioni che il giornale Dagbladet pubblicherà il giorno dopo, mercoledì 20:
Eskil Pedersen insieme al primo ministro norvegese Stoltenberg durante i funerali
«È giunto il momento di attivare misure più severe contro Israele» per il suo trattamento dei palestinesi, dice Pedersen: «Il processo di pace non va da nessuna parte, il mondo intero aspetta che Israele si degni di conformarsi, ma non lo fa. Perciò noi della Gioventù Laburista vogliamo un embargo economico unilaterale della Norvegia contro Israele».
Il movimento giovanile norvegese, spiega Dagbladet, ha attivamente promosso la campagna internazionale di boicottaggio contro Israele (per le atrocità commesse a Gaza). Adesso, nel suo ultimo congresso, ha chiesto al governo norvegese di imporre un embargo unilaterale, più stretto di prima.
«So che è una misura drastica», dice Pedersen, «ma secondo me dà un chiaro segnale che siamo stanchi del comportamento israeliano». (Dialog nytter ikke, Jonas)
Il 22, venerdì, Anders Behring Breivik fa esplodere un potentissimo ordigno alla libanese presso i palazzi governativi di Oslo, e poco dopo, armato di mitragliatore militare e chili di proiettili, compie il suo massacro sull’isola di Utoya, sterminando quella gioventù laburista così esplicita nella denuncia della doppiezza e crudeltà israeliane.
Come anti-islamico, Breivik avrebbe potuto fare una strage in una moschea: del resto era proprio venerdì. Invece ha usato il suo armamento bellico per massacrare i membri del partito inviso ad Israele.
Breivik si è comportato come un perfetto Manchurian Candidate, attivato da un qualche segnale. Ma si sa, i candidati manciuriani, che una manipolazione cerebrale ha reso robot letali pronti a scattare dopo anni di normalità, esistono solo nei film. Non siamo complottisti, suvvia, non facciamoci deridere.
Gilad Atzmon
È per me motivo di ammirazione e d’onore constatare che il primo a sfidare la derisione, e a ventilare nell’eccidio norvegese una risposta israeliana alla decisione filo-palestinese del governo di Osllo, è stato Gilad Atzmon. Sappiamo chi è Atzmon: musicista di livello, saggista, nato in Israele, ha scelto di vivere a Londra avendo aperto gli occhi sulla natura anti-umana dello Stato ebraico, e dove cerca di aprire gli occhi a tutti noi. È stato anche soldato d’Israele, conosce i metodi e i machiavelli del sistema, e dunque ha sùbito visto nella strage norvegese la mano ebraica.
«Da ammiratore di Israele qual è, Behring Breivik sembra aver dato ai suoi compatrioti lo stesso trattamento che l’Israeli Defense Force riserva ai palestinesi», ha scritto. (Was the Massacre in Norway a reaction to BDS?)
Filo-ebreo entusiasta, Breivik si manifesta in più parti del suo verboso testamento ideologico (1.500 pagine) in inglese:
«Quando qualcuno mi chiede se sono un nazional socialista, sono profondamente offeso. Se c’è una figura storica che odio è Adolf Hitler (...)».
E come mai Breivik odia Hitler? Ecco la sua risposta:
«Hitler aveva le capacità militari per liberare Gerusalemme dall’occupazione islamica. Avrebbe potuto giungere ad un accordo con il Regno Unito e la Francia per liberare le antiche terre giudeo-cristiane allo scopo di restituire agli ebrei la loro culla ancestrale... Gli ebrei avrebbero guardato ad Hitler come ad un eroe, per aver ridato loro la terra santa».
Pù avanti:
«Coloro che disapprovano il diritto di Israele ad esistere sono o antisemiti, o sono disennati. Chi ha un po’ di senno dovrebbe sostenere il sionismo (nazionalismo israeliano) che è il diritto di autodifesa di Israele contro il Jihad».
Una frase che potrebbe essere uscita dalla penna di Fiamma Nirenstein. O forse dalla centrale di propaganda che indottrina l’uno e l’altra.
Ma ecco i consigli di Breivik a chi vuol essere un vero conservatore:
«Studiate Otto von Bismarck, non Adolf: il primo è stato il precursore della destra moderna, il secondo della sinistra. Studiate il Risorgimento italiano (che fu un vasto movimento di rinascita nazionale e non il complotto di una piccola elite, come dicono i libri) e un’alleanza fra la destra aristocratica (il conte di Cavour e re Vittorio Emanuele) e la Sinistra rivoluzionaria (Garibaldi). Guardate alla rinascita della Turchia per opera di Ataturk... Irlanda e Israele hanno avuto le lotte nazionaliste da cui possiamo imparare molto: in ciascun caso, un pugno di visionari ha sollevato intere nazioni, dopo secoli, o anche millenni di oppressione... Dunque combattiamo insieme ad Israele, a fianco dei nostri fratelli sionisti contro tutti gli anti-sionisti, contro tutti i marxisti-multiculturalisti». (The Norway Shooter's Support for Zionism: In His Own Words)
Chi sa da quali logge fu ideato e sostenuto il Risorgimento, e chi sa che i nazionalisti turchi di Ataturk erano in realtà Donmeh cripto-ebraici (come ho modestamente documentato nel mio Cronache dell’Anticristo) può intuire quali ambienti abbiano indottrinato il giovanotto. E ha imparato con profitto, essendo in grado di ripetere praticamente a memoria il verbo ufficiale sulla spontaneità dei nazionalismi europei del 19° secolo (lo stesso che ripete, per dire, Napolitano o Ciampi)... Evidentemente, il pluriassassino non ha frequentato la Loggia Soilene di Oslo solo per farsi fotografare col grembiulino e stringere relazioni d’affari.
Atzmon ci informa che Breivik è sicuramente stato un lettore di un blog norvegese, documentato, «che è diretto da Hans Rustad, un ex giornalista di sinistra. Runstad è ebreo, sionista sfegatato, e continuamente lancia l’allarme contro la islamizzazione, la violenza e gli altri problemi sociali che secondo lui sono dovuti all’immigrazione musulmana».
Anche questa biografia è consueta. Quanti ne abbiamo conosciuti in questi anni, di ebrei di sinistra, troztkisti spesso, che sono diventati di destra (in coincidenza col passaggio a destra della maggioranza israeliana, una volta laborista) e ogni giorno ci incitano a difendere «la civiltà occidentale», a riscoprire «le nostre radici giudeo-cristiane» e dunque ad arruolarci alla crociata contro l’Islam che minaccia di fare dell’Europa una Eurabia?
In America sono l’influente legione dei neocon, dei Kagan e dei Kristol (figli o nipoti di trotzkisti russi fuoriusciti) gli Horowitz, i Wolfowitz, i Muravchik, i Perle, i membri dell’American Enterprise; in Italia basterà fare i nomi di Giuliano Ferrara – figlio del numero 2 del PCI sovietizzato, oggi ateo devoto – e della stessa Nirenstein: da giovane, se l’avesse avuta vinta, avrebbe portato l’Italia nella sfera sovietica, oggi organizza Amici di Israele nel Parlamento italiano su posizioni a destra di Netanyahu.
Atzmon ci informa che questa rete è ancora più grande: cita per esempio siti e riviste come FrontPage Magazine, il britannico Harry’s Place, Daniel Pipes, e molti altri che diffondono il verbo dell’islamofobia e della crociata per l’Europa cristiana; e non si limitano a scrivere e a parlare: cercano di fare adepti e di infiltrarsi nelle file dell’estrema destra marginale, che in Europa è fatta di gruppi piccoli, ma sempre pronti a passare all’azione violenta.
Julian Kossoff
Julian Kossoff, giornalista ebreo britannico, deplora e denuncia sul Telegraph l’infiltrazione di militanti sionisti nella English Defense League e nel National Front: nella prima, si sarebbe formata persino una «divisione ebraica» che partecipa alle manifestazioni dei fascistelli inglesi, e alle angherie che questi gruppi compiono contro gli immigrati musulmani, con le bandiere di Israele. Kossof si domanda cos’hanno da spartire degli ebrei con questi «teppisti da tifoseria»: ingenuo snob. Si può ricavare molto manipolando dei teppistelli che nulla capisono delle operazioni astute ed acute indotte dal Mossad.
Ed evidentemente, è giunto un ordine generale di abbandonare lo snobismo ebraico, turarsi il naso e affiancare (e forse pagare) questi teppisti, utili idioti anti-islamici. (The English Defence League, the Jewish division and the useful idiots)
Ora si sa che Breivik aveva degli agganci a Londra, in quei precisi ambienti infiltrati dai sionisti di destra. (Hunt for Britons linked to Norway killer Anders Behring Breivik)
Il tomo di 1.500 pagine scritto da Breivik in inglese, e da lui spedito via e-mail a 5.700 persone poche ore prima di compiere la strage, è del resto datato London 2011. E si apprende che Breivik era in continuo e cordiale contatto web e personale con almeno 150 esponenti dello English Defense League. La divisione ebraica? (Norway killer Anders Behring Breivik had extensive links to English Defence League)
Isaak Nygren
Ora, i giornali svedesi rivelano che un’ora prima di sterminare, Breivik ha inviato una mail a tale Isaak Nygren, esponente di spicco degli Sweden Democrats, movimento anti-islamico in crescita politica. Nygren, guarda caso, è ebreo. Brevik apparentemente era un suo buon amico, anche se Nygren, raggiunto dai giornalisti svedesi in un kibbutz israeliano dov’è andato in vacanza militare, lo nega. (Tidigare SD-medlem chockades av mejlet från mördaren)
David Horowitz
Gilad Atzmon riferisce inoltre di un furente articolo anti-norvegese, che David Horowitz, esponente neocon americano molto influente, ha scrittro e postato sul suo sito FrontPage un giorno prima che il Manchurian Candidate si attivasse per lo sterminio. L’articolo appare una giustificazione preventiva dell’eccidio. Il titolo già dice il tono: I Quisling di Norvegia.
Svolgimento: «Appoggiando la richiesta di Abu Mazen di riconoscere la Palestina come Stato, il governo norvegese si è comportato come Quisling, il capo di governo filo-hitlerianno che negli anni ‘30 portò la Norvegia a fianco del Terzo Reich. Un governo ‘antisemita’», infuria Horowitz, «che ha capeggiato la campagna di disinvestimento e di boicottaggio economico contro Israele…». (Massacre in Norway-- More About the Jewish Right Wing Connection)
Un governo multiculturalista, influenzato dagli immigrati islamici, che merita una punizione.
Una posizione che è riecheggiata da un sito israeliano, in ebraico, e di cui Gilad Atzmon ci traduce qualche commento: (http://rotter.net/forum)
«I criminali di Oslo hanno pagato».
«È stupidità e malvagità non desiderare la morte per coloro che invocano il boicottaggio di Israele».
Ed infine un commento illuminante:
«Anche i membri della Gioventù Hitleriana uccisi nei bombardamenti della Germania erano innocenti. Piangiamo pure sui terribili bombardamenti messi a segno dagli Alleati... ma qui abbiamo una banda di odiatori di Israele che si riuniscono in un Paese che odia Israele in una conferenza che appoggia il boicottaggio. Sicchè non è bello l’atto in sè, e noi lo condanniamo... ma piangere per loro? Suvvia. Noi ebrei non siamo cristiani. Nella religione ebraica non c’è alcun obbligo di amare il nemico».
Ottima spiegazione del perchè il concetto di giudeo-cristianesimo è un falso ideologico, diffuso a scopi propagandistici dalla nota centrale – e che anche in Vaticano si sono bevuti. Ma forse, solo per scongiurare un attentato islamico di Al Qaeda in Vaticano?
Resta il fatto che in Israele ci sono tutti i mezzi, e tutta la mentalità, non solo per desiderare la morte dei boicottatori, ma anche di provocarla attivamente, magari per mezzo di un Manchurian Candidate.
Gordon Duff, che è un ex marine, sostiene nel suo blog che «una auto-bomba reca sempre la firma di una agenzia di intelligence». (The Second Tragedy is the Lies)
Gilad Atzmon definisce Beivik un «Sabbath Goy». Così vengono chiamati, in Israele e nel talmudismo, i gentili di basso livello sociale che vengono assoldati come servi dai pii ebrei per compiere i modesti lavoretti che un pio ebreo non può fare di sabato.
«Nella realtà sionizzata in cui tragicamente viviamo, il Sabbath Goy uccide per conto dello Stato ebraico. E può farlo persino volontariamente», conclude Atzmon.
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domenica 31 luglio 2011
sabato 12 giugno 2010
"Israele può avere il diritto di mettere altri sotto processo,ma certamente nessuno ha il diritto di mettere sotto processo il popolo ebraico e lo Stato di Israele" Ariel Sharon,25 marzo 2001
Frasi celebri sioniste.
Ieri alle 13.30
Ecco una lista delle "migliori" frasi pronunciate dai premier di quell'"unica democrazia del medioriente" che è Israele:
David Ben Gurion
Primo Ministro d’Israele, 1949 - 1954, 1955 - 1963
“Noi dobbiamo espellere gli arabi e prenderci i loro posti.”
-- David Ben Gurion, 1937, Ben Gurion and the Palestine Arabs, Oxford University Press, 1985.
”Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca delle terre e l’eliminazione di ogni servizio sociale per liberare la Galilea dalla sua popolazione araba”.
-- David Ben-Gurion, Maggio 1948, agli ufficiali dello Stato Maggiore. Da: Ben-Gurion, A Biography, by Michael Ben-Zohar, Delacorte, New York 1978.
“Ci sono stati l’anti-semitismo, i nazisti, Hitler, Auschwitz, ma loro in questo cosa centravano? Essi vedono una sola cosa: siamo venuti e abbiamo rubato il loro paese. Perché dovrebbero accettarlo?”
– Riportato da Nahum Goldmann in Le Paraddoxe Juif (The Jewish Paradox), pp. 121-122.
"I villaggi ebraici sono stati costruiti al posto dei villaggi arabi. Voi non li conoscete neanche i nomi di questi villaggi arabi, e io non vi biasimo perché i libri di geografia non esistono più. Non soltanto non esistono i libri, ma neanche i villaggi arabi non ci sono più. Nahlal è sorto al posto di Mahlul, il kibbutz di Gvat al posto di Jibta; il kibbutz Sarid al posto di Huneifis; e Kefar Yehushua al posto di Tal al-Shuman. Non c’è un solo posto costruito in questo paese che non avesse prima una popolazione araba.”
-- David Ben Gurion, citato in The Jewish Paradox, di Nahum Goldmann, Weidenfeld and Nicolson, 1978, p. 99.
"Tra di noi non possiamo ignorare la verità ... politicamente noi siamo gli aggressori e loro si difendono … Il paese è loro, perché essi lo abitavano, dato che noi siamo voluti venire e stabilirci qui, e dal loro punto di vista gli vogliamo cacciare dal loro paese.”
-- David Ben Gurion, riportato a pp 91-2 di Fateful Triangle di Chomsky, che apparve in "Zionism and the Palestinians pp 141-2 di Simha Flapan che citava un discorso del 1938.
"Se avessi saputo che era possibile salvare tutti i bambini della Germania trasportandoli in Inghilterra, e soltanto la metà trasferendoli nella terra d’Israele, avrei scelto la seconda soluzione, a noi non interessa soltanto il numero di questi bambini ma il calcolo storico del popolo d’Israele”.
-- David Ben-Gurion (Citato a pp 855-56 in Ben-Gurion di Shabtai Teveth).
Golda Meir
Primo Ministro d’Israele, 1969 - 1974
"Non esiste una cosa come il popolo palestinese … Non è come se noi siamo venuti e li abbiamo cacciati e preso il oro paese. Essi non esistono.”
--Golda Meir, dichiarazione al The Sunday Times, 15 giugno 1969.
"Come possiamo restituire i territori occupati? Non c’è nessuno a cui restituirli.”
-- Golda Meir, 8 marzo 1969.
"A tutti quelli che parlano in favore di riportare indietro i rifugiati arabi devo anche dirgli come pensa di prendersi questa responsabilità, se è interessato allo stato d’Israele. E bene che le cose vengano dette chiaramente e liberamente: noi non lasceremo che questo accada.”
-- Golda Meir, 1961, in un discorso alla Knesset, riportato su Ner, ottobre 1961
"Questo paese esiste come il compimento della promessa fatta da Dio stesso. Sarebbe ridicolo chiedere conto della sua legittimità.”
-- Golda Meir, Le Monde, 15 ottobre 1971
Yitzhak Rabin
Primo Ministro d’Israele, 1974 - 1977, 1992 - 1995
"Uscimmo fuori, Ben-Gurion ci accompagnava. Allon rifece la sua domanda, ‘Che cosa si doveva fare con la popolazione palestinese?’ Ben-Gurion ondeggiò la mano in un gesto che diceva ‘cacciateli fuori!”
-- Yitzhak Rabin,versione censurata delle memorie di Rabin, pubblicata sul New York Times, 23 ottobre 1979.
"[Israele vorrà] creare nel corso dei prossimi 10 o 20 anni le condizioni per attrarre naturalmente e volontariamente una migrazione dei rifugiati dalla striscia di Gaza e dalla Cisgiordania verso la Giordania. Per ottenere questo dobbiamo arrivare ad un accordo con Re Hussein e non con Yasser Arafat."
-- Yitzhak Rabin (un "Principe di Pace" secondo Clinton), spiega il suo metodo di pulizia etnica dei territori occupati senza sollevare scalpore nel mondo. (Riportato da David Shipler sul The New York Times, 04/04/1983 citando i commenti di Meir Cohen al comitato affari esteri e difesa della Knesset del 16 marzo.)
Menachem Begin
Primo Ministro d’Israele, 1977 – 1983
"[I palestinesi] sono bestie che camminano su due gambe.”
Discorso alla Knesset di Menachem Begin Primo Ministro israeliano, riportato da Amnon Kapeliouk, "Begin and the 'Beasts’," su New Statesman, 25 giugno 1982.
"La divisione della Palestina è illegale. Non sarà mai riconosciuta … Gerusalemme è e sarà per sempre la nostra capitale. Eretz Israel verrà ricostruito per il popolo d’Israele. Tutta quanta. E per sempre.”
-- Menachem Begin, il giorno dopo il voto all’ONU sulla divisione della Palestina.
Yizhak Shamir
Primo Ministro d’Israele, 1983 - 1984, 1986 - 1992
"I vecchi dirigenti del nostro movimento ci hanno lasciato un chiaro messaggio di prendere Eretz Israel dal mare al fiume Giordano per le future generazioni, per un’aliya di massa (=immigrazione ebraica), e per il popolo ebraico, che tutto quanto sarà radunato in questo paese.”
-- Dichiarazione dell’ex primo Ministro Yitzhak Shamir al ricordo funebre dei primi dirigenti del Likud, novembre 1990. Servizio locale di Radio Gerusalemme.
"Determinare la terra d’Israele è l’essenza del sionismo. Senza determinazione, noi non realizziamo il sionismo. E’ semplice.”
- Yitzhak Shamir,su Maariv, 02/21/1997
"(I palestinesi) saranno schiacciati come cavallette... con le teste sfracellate contro i massi e le mura.”
-- Yitzhak Shamir a quel tempo Primo Ministro d’Israele in un discorso ai coloni ebrei, New York Times, 1 aprile 1988
Benjamin Netanyahu
Primo Ministro d’Israele, 1996 - 1999
"Israele avrebbe dovuto approfittare dell’attenzione del mondo sulla repressione delle dimostrazioni in Cina, quando l’attenzione del mondo era focalizzata su quel paese, per portare a termine una massiccia espulsione degli arabi dei territori."
-- Benyamin Netanyahu, allora vice ministro degli esteri, ex Primo Ministro d’Israele, in un discorso agli studenti della Bar Ilan University, dal giornale israeliano Hotam, 24 novembre 1989.
Ehud Barak
Primo Ministro d’Israele, 1999 - 2001
" I palestinesi sono come coccodrilli, più gli date carne, più ne vogliono”….
-- Ehud Barak, a quel tempo Primo Ministro d’Israele – 28 agosto 2000. Apparso su Jerusalem Post, 30 agosto, 2000
"Se pensassimo che invece di 200 vittime palestinesi, 2.000 morti metterebbero fine agli scontri in un colpo, dovremmo usare più forza....”
-- Il Primo Ministro israeliano Ehud Barak, citato dall’Associated Press, 16 novembre 2000.
"Sarei entrato in un’organizzazione terroristica.”
--risposta di Ehud Barak a Gideon Levy, giornalista del quotidiano Ha'aretzr, quando chiese a Barak che cosa avrebbe fatto se fosse nato palestinese.
Ariel Sharon
Primo Ministro d’Israele, 2001 – ad oggi
"E’ dovere dei dirigenti d’Israele spiegare all’opinione pubblica, chiaramente e coraggiosamente, un certo numero di fatti che col tempo sono stati dimenticati. Il primo di questi è che non c’è sionismo, colonizzazione, o Stato Ebraico senza lo sradicamento degli arabi e l’espropriazione delle loro terre.”
-- Ariel Sharon, Ministro degli esteri d’Israele, parlando ad una riunione di militanti del partito di estrema destra Tsomet, Agenzia France Presse, 15 novembre 1998.
"Tutti devono muoversi, correre e prendere quante più cime di colline (palestinesi) possibile in modo da allargare gli insediamenti (ebraici) perché tutto quello che prenderemo ora sarà nostro... Tutto quello che non prenderemo andrà a loro.”
-- Ariel Sharon, Ministro degli esteri d’Israele, aprendo un incontro del partito Tsomet Party, Agenzia France Presse, 15 novembre 1998.
“Ogni volta che facciamo qualcosa tu mi dici che l’America farà questo o quello…devo dirti qualcosa molto chiaramente: Non preoccuparti della pressione americana su Israele. Noi , il popolo ebraico, controlliamo l’America, e gli americani lo sanno.”
-- Ariel Sharon, Primo Ministro d’Israele, 31 ottobre 2001, risposta a Shimon Peres, come riportato in un programma della radio Kol Yisrael.
"Israele può avere il diritto di mettere altri sotto processo, ma certamente nessuno ha il diritto di mettere sotto processo il popolo ebraico e lo Stato d’Israele.”
-- Ariel Sharon, Primo Ministro d’Israele, 25 marzo 2001 citato dalla BBC News Ondine.
Tratto da Facebook riportato da Gabriele Repaci
Ieri alle 13.30
Ecco una lista delle "migliori" frasi pronunciate dai premier di quell'"unica democrazia del medioriente" che è Israele:
David Ben Gurion
Primo Ministro d’Israele, 1949 - 1954, 1955 - 1963
“Noi dobbiamo espellere gli arabi e prenderci i loro posti.”
-- David Ben Gurion, 1937, Ben Gurion and the Palestine Arabs, Oxford University Press, 1985.
”Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca delle terre e l’eliminazione di ogni servizio sociale per liberare la Galilea dalla sua popolazione araba”.
-- David Ben-Gurion, Maggio 1948, agli ufficiali dello Stato Maggiore. Da: Ben-Gurion, A Biography, by Michael Ben-Zohar, Delacorte, New York 1978.
“Ci sono stati l’anti-semitismo, i nazisti, Hitler, Auschwitz, ma loro in questo cosa centravano? Essi vedono una sola cosa: siamo venuti e abbiamo rubato il loro paese. Perché dovrebbero accettarlo?”
– Riportato da Nahum Goldmann in Le Paraddoxe Juif (The Jewish Paradox), pp. 121-122.
"I villaggi ebraici sono stati costruiti al posto dei villaggi arabi. Voi non li conoscete neanche i nomi di questi villaggi arabi, e io non vi biasimo perché i libri di geografia non esistono più. Non soltanto non esistono i libri, ma neanche i villaggi arabi non ci sono più. Nahlal è sorto al posto di Mahlul, il kibbutz di Gvat al posto di Jibta; il kibbutz Sarid al posto di Huneifis; e Kefar Yehushua al posto di Tal al-Shuman. Non c’è un solo posto costruito in questo paese che non avesse prima una popolazione araba.”
-- David Ben Gurion, citato in The Jewish Paradox, di Nahum Goldmann, Weidenfeld and Nicolson, 1978, p. 99.
"Tra di noi non possiamo ignorare la verità ... politicamente noi siamo gli aggressori e loro si difendono … Il paese è loro, perché essi lo abitavano, dato che noi siamo voluti venire e stabilirci qui, e dal loro punto di vista gli vogliamo cacciare dal loro paese.”
-- David Ben Gurion, riportato a pp 91-2 di Fateful Triangle di Chomsky, che apparve in "Zionism and the Palestinians pp 141-2 di Simha Flapan che citava un discorso del 1938.
"Se avessi saputo che era possibile salvare tutti i bambini della Germania trasportandoli in Inghilterra, e soltanto la metà trasferendoli nella terra d’Israele, avrei scelto la seconda soluzione, a noi non interessa soltanto il numero di questi bambini ma il calcolo storico del popolo d’Israele”.
-- David Ben-Gurion (Citato a pp 855-56 in Ben-Gurion di Shabtai Teveth).
Golda Meir
Primo Ministro d’Israele, 1969 - 1974
"Non esiste una cosa come il popolo palestinese … Non è come se noi siamo venuti e li abbiamo cacciati e preso il oro paese. Essi non esistono.”
--Golda Meir, dichiarazione al The Sunday Times, 15 giugno 1969.
"Come possiamo restituire i territori occupati? Non c’è nessuno a cui restituirli.”
-- Golda Meir, 8 marzo 1969.
"A tutti quelli che parlano in favore di riportare indietro i rifugiati arabi devo anche dirgli come pensa di prendersi questa responsabilità, se è interessato allo stato d’Israele. E bene che le cose vengano dette chiaramente e liberamente: noi non lasceremo che questo accada.”
-- Golda Meir, 1961, in un discorso alla Knesset, riportato su Ner, ottobre 1961
"Questo paese esiste come il compimento della promessa fatta da Dio stesso. Sarebbe ridicolo chiedere conto della sua legittimità.”
-- Golda Meir, Le Monde, 15 ottobre 1971
Yitzhak Rabin
Primo Ministro d’Israele, 1974 - 1977, 1992 - 1995
"Uscimmo fuori, Ben-Gurion ci accompagnava. Allon rifece la sua domanda, ‘Che cosa si doveva fare con la popolazione palestinese?’ Ben-Gurion ondeggiò la mano in un gesto che diceva ‘cacciateli fuori!”
-- Yitzhak Rabin,versione censurata delle memorie di Rabin, pubblicata sul New York Times, 23 ottobre 1979.
"[Israele vorrà] creare nel corso dei prossimi 10 o 20 anni le condizioni per attrarre naturalmente e volontariamente una migrazione dei rifugiati dalla striscia di Gaza e dalla Cisgiordania verso la Giordania. Per ottenere questo dobbiamo arrivare ad un accordo con Re Hussein e non con Yasser Arafat."
-- Yitzhak Rabin (un "Principe di Pace" secondo Clinton), spiega il suo metodo di pulizia etnica dei territori occupati senza sollevare scalpore nel mondo. (Riportato da David Shipler sul The New York Times, 04/04/1983 citando i commenti di Meir Cohen al comitato affari esteri e difesa della Knesset del 16 marzo.)
Menachem Begin
Primo Ministro d’Israele, 1977 – 1983
"[I palestinesi] sono bestie che camminano su due gambe.”
Discorso alla Knesset di Menachem Begin Primo Ministro israeliano, riportato da Amnon Kapeliouk, "Begin and the 'Beasts’," su New Statesman, 25 giugno 1982.
"La divisione della Palestina è illegale. Non sarà mai riconosciuta … Gerusalemme è e sarà per sempre la nostra capitale. Eretz Israel verrà ricostruito per il popolo d’Israele. Tutta quanta. E per sempre.”
-- Menachem Begin, il giorno dopo il voto all’ONU sulla divisione della Palestina.
Yizhak Shamir
Primo Ministro d’Israele, 1983 - 1984, 1986 - 1992
"I vecchi dirigenti del nostro movimento ci hanno lasciato un chiaro messaggio di prendere Eretz Israel dal mare al fiume Giordano per le future generazioni, per un’aliya di massa (=immigrazione ebraica), e per il popolo ebraico, che tutto quanto sarà radunato in questo paese.”
-- Dichiarazione dell’ex primo Ministro Yitzhak Shamir al ricordo funebre dei primi dirigenti del Likud, novembre 1990. Servizio locale di Radio Gerusalemme.
"Determinare la terra d’Israele è l’essenza del sionismo. Senza determinazione, noi non realizziamo il sionismo. E’ semplice.”
- Yitzhak Shamir,su Maariv, 02/21/1997
"(I palestinesi) saranno schiacciati come cavallette... con le teste sfracellate contro i massi e le mura.”
-- Yitzhak Shamir a quel tempo Primo Ministro d’Israele in un discorso ai coloni ebrei, New York Times, 1 aprile 1988
Benjamin Netanyahu
Primo Ministro d’Israele, 1996 - 1999
"Israele avrebbe dovuto approfittare dell’attenzione del mondo sulla repressione delle dimostrazioni in Cina, quando l’attenzione del mondo era focalizzata su quel paese, per portare a termine una massiccia espulsione degli arabi dei territori."
-- Benyamin Netanyahu, allora vice ministro degli esteri, ex Primo Ministro d’Israele, in un discorso agli studenti della Bar Ilan University, dal giornale israeliano Hotam, 24 novembre 1989.
Ehud Barak
Primo Ministro d’Israele, 1999 - 2001
" I palestinesi sono come coccodrilli, più gli date carne, più ne vogliono”….
-- Ehud Barak, a quel tempo Primo Ministro d’Israele – 28 agosto 2000. Apparso su Jerusalem Post, 30 agosto, 2000
"Se pensassimo che invece di 200 vittime palestinesi, 2.000 morti metterebbero fine agli scontri in un colpo, dovremmo usare più forza....”
-- Il Primo Ministro israeliano Ehud Barak, citato dall’Associated Press, 16 novembre 2000.
"Sarei entrato in un’organizzazione terroristica.”
--risposta di Ehud Barak a Gideon Levy, giornalista del quotidiano Ha'aretzr, quando chiese a Barak che cosa avrebbe fatto se fosse nato palestinese.
Ariel Sharon
Primo Ministro d’Israele, 2001 – ad oggi
"E’ dovere dei dirigenti d’Israele spiegare all’opinione pubblica, chiaramente e coraggiosamente, un certo numero di fatti che col tempo sono stati dimenticati. Il primo di questi è che non c’è sionismo, colonizzazione, o Stato Ebraico senza lo sradicamento degli arabi e l’espropriazione delle loro terre.”
-- Ariel Sharon, Ministro degli esteri d’Israele, parlando ad una riunione di militanti del partito di estrema destra Tsomet, Agenzia France Presse, 15 novembre 1998.
"Tutti devono muoversi, correre e prendere quante più cime di colline (palestinesi) possibile in modo da allargare gli insediamenti (ebraici) perché tutto quello che prenderemo ora sarà nostro... Tutto quello che non prenderemo andrà a loro.”
-- Ariel Sharon, Ministro degli esteri d’Israele, aprendo un incontro del partito Tsomet Party, Agenzia France Presse, 15 novembre 1998.
“Ogni volta che facciamo qualcosa tu mi dici che l’America farà questo o quello…devo dirti qualcosa molto chiaramente: Non preoccuparti della pressione americana su Israele. Noi , il popolo ebraico, controlliamo l’America, e gli americani lo sanno.”
-- Ariel Sharon, Primo Ministro d’Israele, 31 ottobre 2001, risposta a Shimon Peres, come riportato in un programma della radio Kol Yisrael.
"Israele può avere il diritto di mettere altri sotto processo, ma certamente nessuno ha il diritto di mettere sotto processo il popolo ebraico e lo Stato d’Israele.”
-- Ariel Sharon, Primo Ministro d’Israele, 25 marzo 2001 citato dalla BBC News Ondine.
Tratto da Facebook riportato da Gabriele Repaci
sabato 5 settembre 2009
L'equivoco del semitismo e dell'antisemitismo

"In una capra dal viso semita"
(Umberto Saba, Ho parlato a una capra)
Pare sia stato lo storico tedesco August Ludwig von Schlözer (1735-1809) a coniare per la prima volta, nel 1781, l'aggettivo semitisch, per indicare il gruppo delle lingue (siriaco, aramaico, arabo, ebraico, fenicio) parlate da quelle popolazioni che un passo biblico (Gen. 10, 21-31) fa discendere da Sem figlio di Noè. Il neologismo venne accolto dalla comunità dei linguisti, tant'è vero che lo troviamo nel 1890 nelle Lectures on the comparative Grammar of the Semitic Languages di W. Wright (1830-1889), nel 1898 nella Vergleichende Grammatik der semitischen Sprachen di Heinrich Zimmern (1862-1931), fra il 1908 e il 1913 nel Grundriss der vergleichenden Grammatik der semitischen Sprachen di Carl Brockelmann (1868-1956).L'aggettivo "semitico" si riferisce perciò propriamente ai Semiti, ossia ad una famiglia di popoli che si è diffusa nella zona compresa fra il Mediterraneo, i monti d'Armenia, il Tigri e l'Arabia meridionale, per poi estendersi anche all'Etiopia ed al Nordafrica; come aggettivo sostantivato ("il semitico"), esso indica il gruppo linguistico corrispondente, il quale si articola in tre sottogruppi: quello orientale o accadico (che nel II millennio si divise a sua volta in babilonese e assiro), quello nordoccidentale (cananeo, fenicio, ebraico, aramaico biblico, siriaco) e quello sudoccidentale (arabo ed etiopico).Del tutto improprio è dunque l'uso dei termini "semita" e "semitico" come sinonimi di "ebreo" e di "ebraico", esattamente come sarebbe improprio dire "ariano" o "indoeuropeo" in luogo di "italiano", "tedesco", "russo" o "persiano". Ne consegue che altrettanto errato è l'uso di "antisemita", allorché con tale termine si vuole designare chi è "reo di antisemitismo" (1), cioè di quel "reato" che un autorevole vocabolario definisce nei termini seguenti: "avversione nei confronti del popolo ebraico, maturatasi di volta in volta in forme di persecuzione o addirittura di mania collettiva di sterminio, da una base essenzialmente propagandistica, dovuta a degenerazione di pseudoconcetti storico-religiosi, o a ricerca di un capro espiatorio da parte di politici e classi politiche impotenti" (2). Se usato correttamente, infatti, il vocabolo "antisemitismo" - coniato nel 1879 dal giornalista viennese Wilhelm Marr (3) - dovrebbe indicare l'ostilità nei confronti dell'intera famiglia semitica, la quale ha oggi la sua componente più numerosa nelle popolazioni di lingua araba, sicché la qualifica di "antisemita" risulterebbe più adatta a designare chi nutre avversione nei confronti degli Arabi, piuttosto che i "rei" di ostilità antiebraica. Ma l'inconsistenza della suddetta sinonimia ("semita" = "ebreo") risulta ancora più evidente qualora si rifletta sul fatto che gli Ebrei odierni non possono essere qualificati come "semiti", e ancor meno come "popolo semitico". Infatti, se l'appartenenza di un gruppo umano ad una più vasta famiglia deve essere stabilita in base alla lingua parlata dal gruppo in questione, allora un popolo potrà essere considerato semitico soltanto nel caso in cui esso parli una delle lingue semitiche enumerate più sopra, col risultato che oggi avranno il diritto di essere definiti semiti a pieno titolo gli Arabi e gli Etiopi, ma non gli Ebrei. È vero che dal 1948 l'ebraico (il neoebraico) è diventato lingua ufficiale della colonia sionista insediatasi in Palestina ed è compreso dalla maggior parte degli Ebrei che attualmente vi risiedono, ma si tratta di una lingua che era morta da oltre venti secoli e che solo nel Novecento è stata artificiosamente richiamata in vita. Gli Ebrei della diaspora, oggi come in passato, parlano le lingue dei popoli in mezzo ai quali si trovano a vivere, lingue che sono per lo più indoeuropee (inglese, spagnolo, francese, italiano, russo, farsi ecc.). Lo stesso yiddish, che si formò nel XIII secolo nei paesi dell'Europa centrale sulla base di un dialetto medio-tedesco e diventò una sorta di lingua internazionale in seguito alle migrazioni ebraiche, era pur sempre un idioma tedesco (4), anche se, oltre ad un vocabolario di base tedesco e slavo, conteneva un tasso elevato di elementi lessicali ebraici e veniva scritto in caratteri ebraici. È dunque evidente che gli Ebrei non costituiscono affatto un gruppo che, sulla base dell'appartenenza linguistica, possa esser definito come semitico. Possiamo allora considerarli semiti sotto il profilo etnico? Per rispondere affermativamente, bisognerebbe essere in grado di ricostruire la genealogia degli Ebrei e di ricondurla fino a Sem figlio di Noè. Cosa praticamente impossibile.Un fatto è certo: all'etnogenesi ebraica hanno contribuito elementi razziali di varia provenienza, acquisiti attraverso il proselitismo e quei matrimoni misti ("i matrimoni con le figlie di un dio straniero") contro i quali tuonavano inutilmente i profeti d'Israele. "A partire dalle testimonianze e dalle tradizioni bibliche, - scrive uno studioso ebreo - si deduce che perfino agli esordi della formazione delle tribù d'Israele queste erano già composte di elementi razziali diversi (...). A quell'epoca troviamo in Asia Minore, in Siria e in Palestina molte razze: gli Amorrei, che erano biondi, dolicocefali e di alta statura; gli Ittiti, una razza di carnagione scura, probabilmente di tipo mongoloide; i Cusciti, una razza negroide; e parecchie altre ancora. Gli antichi Ebrei contrassero matrimoni con tutte queste stirpi, come si vede bene in molti passi della Bibbia" (5).Secondo un autorevole geografo ed etnologo italiano, Renato Biasutti (1878-1965), "la questione della posizione antropologica o composizione razziale degli Ebrei non è infatti meno complessa e oscura" (6) di tante altre. "Una delle cause di ciò - egli spiega - sta nella difficoltà di raccogliere informazioni adeguate sui caratteri somatici di un gruppo etnico tanto disperso" (7). Occorre poi distinguere tra i gruppi ebraici dell'Asia e quelli dell'Europa e dell'Africa e, in particolare, tra i Sefarditi (il ramo meridionale della diaspora) e gli Aschenaziti (il ramo orientale). Se i Sefarditi si sono diffusi dal Nordafrica e dall'Europa mediterranea fino all'Olanda e all'Inghilterra, gli Aschenaziti hanno popolato vaste aree della Russia meridionale, della Polonia, della Germania e dei Balcani ed hanno fornito il contingente più numeroso al movimento colonialistico che ha dato nascita all'entità politico-militare sionista.Se per gran parte dei Sefarditi si può ipotizzare un'origine parzialmente semitica, benché non necessariamente ebraica (8), per quanto riguarda gli Ebrei aschenaziti, che rappresentano i nove decimi dell'ebraismo mondiale, le cose stanno in tutt'altra maniera, poiché la maggioranza di coloro che in età medioevale professavano il giudaismo erano cazari e "gran parte di questa maggioranza emigrò in Polonia, Lituania, Ungheria e nei Balcani, dove fondò quella comunità ebraica orientale che a sua volta divenne la maggioranza predominante dell'ebraismo mondiale" (9).L'affermazione di questa verità storica ha conseguenze devastanti sul mito sionista del "ritorno" ebraico in Palestina. È evidente infatti che, se la maggioranza degli Ebrei attuali trae origine dai Cazari, la pretesa sionista viene destituita del suo fondamento, poiché i discendenti slavizzati di un popolo turcico originario dell'Asia centrale non possono certamente vantare alcun "diritto storico" su una regione del Vicino Oriente.
1. Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, Vocabolario illustrato della lingua italiana, Selezione dal Reader's Digest, Milano 1967, vol. I, p. 146. E' interessante notare che, mentre l'antisemita è "reo", ossia "colpevole di un reato", secondo lo stesso Devoto-Oli non sono affatto rei coloro che nutrono avversione nei confronti di altri gruppi umani. "Anticristiano" infatti significa semplicemente "ostile ai cristiani o alle loro dottrine" (op. cit., vol. I, p. 142); "antitedesco", chi è "storicamente o politicamente avverso ai tedeschi" (op. cit., vol. I, p. 147); perfino "antidemocratico" è agg. e s. m. che designa, senza esprimere giudizio di condanna, ogni "persona, atteggiamento o movimento che ostacola la democrazia, i suoi principi sociali e politici" (op. cit., vol. I, p. 142).
1. Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, Vocabolario illustrato della lingua italiana, Selezione dal Reader's Digest, Milano 1967, vol. I, p. 146. E' interessante notare che, mentre l'antisemita è "reo", ossia "colpevole di un reato", secondo lo stesso Devoto-Oli non sono affatto rei coloro che nutrono avversione nei confronti di altri gruppi umani. "Anticristiano" infatti significa semplicemente "ostile ai cristiani o alle loro dottrine" (op. cit., vol. I, p. 142); "antitedesco", chi è "storicamente o politicamente avverso ai tedeschi" (op. cit., vol. I, p. 147); perfino "antidemocratico" è agg. e s. m. che designa, senza esprimere giudizio di condanna, ogni "persona, atteggiamento o movimento che ostacola la democrazia, i suoi principi sociali e politici" (op. cit., vol. I, p. 142).
2. G. Devoto - G. C. Oli, op. cit., p. 146.
3. P. G. J. Pulzer, The rise of political anti-Semitism in Germany and Austria, Wiley, New York 1964, pp. 49-52.
4. Va detto però che alcuni studiosi contestano la matrice tedesca dello yiddish, ipotizzandone l'origine dalla rilessificazione di un dialetto sorabo parlato dai discendenti di nuclei balcanici (e probabilmente anche caucasici e slavo-avari) che si erano convertiti al giudaismo. "I do not accept - dichiara uno di loro - the common view that Yiddish is a form of German. I believe that Yiddish arose approximately between the 9th and 12th centuries when Jews in the mixed Germano-(Upper) Sorbian lands of present-day Germany 'relexified' their native Sorbian, a West slavic language" (Paul Wexler, Yiddish evidence for the Khazar component in the Ashkenazic ethnogenesis, in: The World of the Khazars. New Perspectives. Selected Papers from the Jerusalem 1999 International Khazar Colloquium hosted by the Ben Zvi Institute, edited by Peter B. Golden, Haggai Ben-Shammai and Andras Rona-Tas, Brill, Leiden-Boston, 2007, p. 388). A parere di Wexler, lo yiddish costituirebbe un'ulteriore conferma della presenza di una fondamentale componente cazara nell'etnogenesi aschenazita. Cfr. P. Wexler, The Ashkenazic Jews. A Slavo-Turkic people in search of a Jewish identity, Columbus, Ohio, 1993; Idem, Two-tiered relexification in Yiddish: the Jews, the Sorbs, the Khazars and the Kiev-Polessian dialect, Berlin-New York, 2002.
5. M. Fishberg, The Jews: A Study of Race and Environment, The Walter Scott Publ. Co., London-New York, 1911, p. 181.
6. Renato Biasutti, Le razze e i popoli della terra, vol. II (Europa - Asia), UTET, Torino, 1967, p. 563.
7. Ibidem.
8. Paul Wexler, The non-Jewish origins of the Sephardic Jews, Albany, 1996.
9. Arthur Koestler, La tredicesima tribù, UTET, Torino 2003, p. 119. Circa il contributo determinante dato dall’elemento cazaro all’etnogenesi del “popolo ebraico”, cfr. C. Mutti, Chi sono gli antenati degli Ebrei?, “Eurasia. Rivista di Studi Geopolitica”, a. VI, n. 2, maggio-agosto 2009.
Articolo scritto da Claudio Mutti su: claudiomutti.com
il 8.07.2009
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