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sabato 8 gennaio 2011

Turchia, Israele e il grande gioco nei Balcani

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Mediterraneo e Vicino Oriente

Israele-Turchia :::: Giovanni Andriolo :::: 7 gennaio, 2011 ::::

I rapporti tra Israele e Turchia, nell’anno appena trascorso, sembrano essere irrimediabilmente deteriorati.
Fin dal 1949, quando la Turchia fu il primo paese a maggioranza musulmana a riconoscere lo Stato di Israele, Ankara e Gerusalemme si sono mossi nella direzione di un costante avvicinamento reciproco, accelerato negli anni ’90 e culminato nel 1996 con il primo accordo di cooperazione militare.
Il nuovo millennio si era aperto con prospettive positive. Se l’invasione dell’Iraq, nel 2003, da parte della “Coalizione dei Volonterosi” aveva creato una certa ulteriore turbolenza nell’area mediorientale, questa si era ripercossa anche negli equilibri strategici dei paesi vicini. In un tale scenario, la Turchia fu considerata da Israele un importante attore di mediazione tra lo Stato ebraico e i paesi a maggioranza musulmana del Medio Oriente. In accordo con tale prospettiva, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan si era impegnato nel 2008 in un notevole sforzo diplomatico come mediatore nella crisi ormai quarantennale tra la Siria e lo Stato di Israele.
Tuttavia, con la salita al potere, nel 2002, del “Partito per la giustizia e lo sviluppo”, di matrice islamico-conservatrice di centro-destra, sulla scia dei partiti cristiano-conservatori o cristiano democratici d’Europa, le relazioni tra i due paesi hanno subito un certo raffreddamento.
Se da un lato, infatti, la politica estera turca si è orientata verso un maggiore attivismo nei confronti dei vicini mediorientali, tra cui l’Iran, la Siria, e, recentemente, l’Egitto, questo fatto ha necessariamente comportato un rallentamento della cooperazione con Israele. Nel tentativo di mediare tra le istanze provenienti dall’Occidente europeo e dall’Oriente vicino, due poli che rappresentano, in ultima analisi, le due anime del tessuto storico e sociale turco, la Turchia ha cercato di ricoprire il ruolo che diversi attori si aspettavano da Ankara, ponendosi come vero e proprio ponte tra le due aree. Sotto questo punto di vista, il nuovo orientamento della politica turca ha richiesto un necessario allentamento dei rapporti con Israele, durante i primi anni del 2000.
Successivamente, alcuni eventi internazionali hanno accentuato un tale distacco. Così, se nel 2008 Erdogan era riuscito a mettere in contatto telefonico il Presidente siriano Assad e il Primo Ministro israeliano Olmert, la tragica operazione Piombo Fuso da parte delle forze israeliane verso Gaza, alla fine dello stesso anno, aveva interrotto bruscamente il tentativo di dialogo tra i due paesi, vanificando lo sforzo diplomatico turco e provocando ad Ankara delusione e disappunto.
Tuttavia, è nel 2010 che si consuma la rottura ufficiale tra i due paesi, con il grave incidente avvenuto in acque internazionali ai danni della nave Mavi Marmara, battente bandiera turca, e con l’uccisione da parte delle forze israeliane di sette attivisti turchi e di uno statunitense di origini turche. In quell’occasione, il Presidente turco Erdogan descrisse l’attacco israeliano come “terrorismo di stato” e ritirò il proprio ambasciatore da Israele. Da quel momento, i rapporti tra i due paesi hanno subito una brusca interruzione.
La Turchia si rivolge ad Est, Israele ad Ovest

L’attuale governo israeliano sembra aver trovato una soluzione all’aggravarsi della crisi con la Turchia. Perseguendo la politica, che tanto cara sembra essere allo Stato di Israele, di creazione di alleanze strategiche con paesi lontani a discapito dei rapporti con i paesi vicini, il Ministro degli Esteri Avigdor Liberman, assieme ai suoi collaboratori, si è impegnato nell’ultimo anno in una serie di incontri con Ministri e Capi di Stato di diversi paesi dell’area balcanica, con i quali ha inteso creare una serie di relazioni economiche, politiche e militari in funzione anti-turca.
Pertanto, se la Turchia sembra guardare verso Oriente e verso i paesi vicini ad est dei propri confini, Israele, d’altra parte, sembra rivolgersi al lato opposto, verso occidente. Questa volta, però, Israele si sta avvicinando ad un occidente nuovo, un occidente più vicino rispetto a quello oltreoceano, un occidente malleabile, e, soprattutto, situato a ridosso della Turchia. Si tratta della penisola balcanica, dell’area geografica che va dai Mari Adriatico e Ionio fino al Mar Egeo ed al Mar Nero, che partendo dalla linea Trieste – Odessa, a Nord, scende verso Sud fino a coprire tutta la Grecia.
È su quest’area che Israele ha concentrato i propri sforzi diplomatici nell’ultimo anno, attraverso una frequenza di visite e incontri ufficiali tutt’altro che sporadica, attraverso la conclusione di accordi di natura economico-militare con diversi paesi della regione, attraverso riferimenti diretti, nei discorsi ufficiali tenuti durante tali missioni, alla Turchia e al pericolo di reviviscenza del terrorismo islamico che i paesi balcanici starebbero correndo.

Le missioni israeliane del 2010 nei Balcani
Già dai primi giorni del 2010, l’apparato diplomatico israeliano ha mosso i primi passi verso l’area balcanica.
Così, il 5 gennaio il Ministro degli Esteri Liberman ha incontrato il Primo Ministro macedone Gruevski a Gerusalemme. Durante l’incontro, Liberman ha affermato che gli Stati balcanici rappresenterebbero la prossima destinazione della “Jihad globale”, che mirerebbe a stabilire infrastrutture nella regione e centri di reclutamento di attivisti. Una settimana dopo, il 13 gennaio, Lieberman ha visitato Cipro, dal cui Presidente ha ottenuto una serie di accordi di carattere commerciale, mentre il 27 gennaio ha incontrato il Primo Ministro ungherese a Budapest. Il giorno seguente, il Vice Ministro degli Esteri israeliano Danny Ayalon si è recato in visita in Slovacchia, nell’intento dichiarato di creare un fronte di opposizione al Rapporto Goldstone. A febbraio, Ayalon ha siglato un protocollo di rinnovo degli accordi sul trasporto aereo con il Ministro dei Trasporti ucraino, stabilendo una serie di agevolazioni di carattere commerciale negli scambi tra i due paesi e abolendo l’obbligo del visto per le visite tra i cittadini di Israele e Ucraina. A marzo, si è svolto a Gerusalemme l’annuale incontro delle delegazioni greca e israeliana, occasione per ribadire i saldi rapporti tra i due paesi e per parlare di sicurezza nella regione mediterranea, in particolare della minaccia rappresentata dall’Iran. In aprile, Liberman si è impegnato in una visita di tre giorni in Romania, dove ha discusso con il Presidente Băsescu di questioni di sicurezza, dilungandosi sulle minacce rappresentate da Iran e Siria. In maggio, si sono svolti incontri tra Liberman e rappresentanti dei governi di Macedonia, Croazia e Bulgaria, durante i quali sono stati discussi piani di cooperazione in ambito economico e commerciale.
Fino a maggio, quindi, gli incontri tra il Ministro israeliano e i suoi colleghi dei diversi paesi balcanici sembravano presentare finalità perlopiù economico-commerciali e di creazione di un consenso in funzione anti-iraniana. Dopo l’attacco alla Freedom Flottilla, avvenuto nel maggio del 2010, e la conseguente rottura delle relazioni con la Turchia, i toni degli incontri di Liberman con i leader balcanici sono cambiati.
Durante l’estate, Liberman ha ricevuto a Gerusalemme il Primo Ministro greco Papandreou. In quell’occasione, il Ministro israeliano ha ringraziato apertamente la Grecia per aver cooperato con Israele in occasione dei recenti fatti della Freedom Flottilla e ha invitato l’Unione Europea a prendere posizione proattiva nei confronti di Libano, Siria e Turchia, affinché questi paesi evitino dannose provocazioni future. L’inclusione della Turchia tra i paesi ostili, a fianco di Libano e Siria, segna da un lato il fallimento del progetto di mediazione, da parte di Erdogan, tra Gerusalemme e Damasco e sancisce, dall’altro, la rottura ufficiale con Ankara. A luglio, si è riunito a Gerusalemme il Comitato Economico Israelo-Ucraino, durante il quale rappresentanti dei due paesi hanno discusso di questioni di carattere economico e commerciale. Con il Ministro degli Esteri ucraino Gryshchenko, poi, Liberman ha firmato un accordo di cancellazione del visto per le visite reciproche dei cittadini dei due paesi. All’inizio di settembre, Liberman si è recato a Cipro e in Repubblica Ceca per discutere con i Ministri degli Esteri locali delle relazioni tra i rispettivi paesi e della sicurezza nella regione. Ad ottobre, Liberman ha siglato un trattato sull’aviazione con il Ministro degli Esteri greco Droutsas. Il trattato prevede, tra l’altro, l’estensione del numero delle rotte aeree tra i due paesi e nuovi meccanismi di negoziazione delle tariffe reciproche. A dicembre, i giornali bulgari hanno mostrato le foto di un incontro a Sofia tra il Primo Ministro bulgaro Borisov e il capo dei servizi segreti israeliani Meir Dagan. Il Presidente bulgaro Borisov avrebbe infatti chiesto, subito dopo la propria elezione, di incontrare Netanyahu per offrire la cooperazione del proprio paese ad Israele in diversi campi: da sicurezza e intelligence al permesso per i piloti israeliani di svolgere esercitazioni sui cieli della Bulgaria. In cambio, Borisov auspicherebbe di ottenere l’aiuto israeliano nello sviluppo di più moderne tecnologie per il proprio paese e l’incremento verso la Bulgaria del flusso di turisti israeliani, che sembrano finora preferire la Turchia. Anche la Grecia avrebbe accordato all’aeronautica israeliana il permesso di esercitarsi sui propri cieli, e altrettanto avrebbe concesso la Romania.
Sempre a dicembre, Liberman ha incontrato in visite ufficiali i Capi di Stato di Bulgaria, Slovenia e Bosnia Erzegovina, ribadendo con tutti i solidi legami tra Israele e i rispettivi paesi. Inoltre, Israele ha fornito all’Albania una serie di aiuti per supportare il Governo locale nell’affrontare gli allagamenti che hanno colpito il paese all’inizio di dicembre.

I vantaggi per Israele e per i Balcani
Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, i paesi balcanici sarebbero favorevoli ad un avvicinamento con Israele per diversi motivi. Innanzitutto, la crisi nei rapporti tra Israele e Turchia aprirebbe per i Balcani diverse possibilità per insinuarsi e per sottrarre alla Turchia stessa le relazioni speciali che godeva con Gerusalemme. I paesi balcanici sono tendenzialmente insofferenti alla Turchia per diverse ragioni di carattere storico, religioso, culturale. Molti Stati della regione balcanica hanno subito per lunghi secoli la dominazione ottomana, alcuni (i paesi abitati da Bosniaci ed Albanesi) sarebbero preoccupati da una minaccia di diffusione del fondamentalismo islamico nei propri territori, altri hanno dispute di natura territoriale con la Turchia, altri ancora sperano di risollevare le proprie economie attraverso una stretta cooperazione con Israele.
In quest’ottica, la Bulgaria e la Grecia sembrano essere i due paesi più interessati ad approfondire i rapporti con Israele. La disputa con la Turchia in relazione al futuro di Cipro e la forte crisi economica che ha colpito la Grecia, spingerebbero il Presidente Papandreou verso una comunanza di interessi con Gerusalemme in funzione anti-turca e verso uno sbocco ad est di natura economico-commerciale. D’altra parte, Israele si trova a dover colmare il vuoto di alleanze strategiche lasciato dal deterioramento dei rapporti con la Turchia. La Grecia, in quest’ottica, risulta particolarmente attraente per Gerusalemme, poiché, oltre a presentare un’aperta ostilità nei confronti di Ankara e ad essere posizionata al confine con la Turchia, risulta essere membro dell’Unione Europea e, pertanto, potrebbe rivelarsi una risorsa strategica importante per Gerusalemme all’interno del Consiglio a Bruxelles, assieme ad altri paesi balcanici membri. Per questi motivi, Grecia e Israele hanno dichiarato il 2011 come l’anno della propria collaborazione strategica.

Alcune conclusioni
La regione balcanica assume per Israele, nella congiuntura attuale, un’importanza strategica fondamentale.
Gli ultimi eventi riguardanti Israele e l’uso della forza da parte del suo esercito (si vedano l’operazione Piombo Fuso a Gaza del 2008 o l’attacco alla Freedom Flottilla del 2010) hanno guastato l’immagine del paese sullo scenario internazionale e lo hanno privato di un importante alleato a maggioranza musulmana, la Turchia. Risulta pertanto necessario per Israele recuperare un certo consenso internazionale e colmare il vuoto lasciato ad ovest dall’alleato turco.
La politica del governo di Netanyahu sembra attestarsi, in tali circostanze, in linea con le strategie seguite dallo Stato israeliano fin dalla sua formazione. Piuttosto di instaurare un dialogo con i propri vicini, che nella fattispecie sarebbero rappresentati da Turchia ad ovest e dai paesi mediorientali suoi confinanti ad est, Israele sembra preferire l’avvicinamento con paesi più lontani, ma in grado di effettuare una certa pressione nei confronti dei paesi vicini. In quest’ottica, i paesi balcanici si configurano come l’obiettivo ideale per Israele.
Innanzitutto per motivi geografici: la regione balcanica, infatti, rappresenta il contatto territoriale della Turchia ad ovest del Bosforo con l’Europa. Il confine terrestre turco infatti tocca la Bulgaria e la Grecia, che abbiamo visto essere i principali interlocutori di Israele nei Balcani, e anche via mare la Turchia si affaccia ad ovest sulle coste greche e cipriote. Di fatto, i Balcani rappresentano la porta d’ingresso della Turchia in Europa. Sotto questo punto di vista, l’eventuale ostilità balcanica nei confronti della Turchia rappresenterebbe un ostacolo simbolico e reale non indifferente per le prospettive future del paese di Erdogan.
Il ruolo di ponte tra Occidente ed Oriente che Ankara ha assunto e che molti leader europei ed extraeuropei auspicano non può prescindere da buone relazioni tra Turchia e gli stati confinanti ad ovest come ad est. Tale ruolo è uno degli argomenti più importanti usato dalle voci che stanno promuovendo l’accesso della Turchia all’Unione Europea. Se, come è già stato sottolineato, il governo turco si è mosso negli ultimi anni verso un avvicinamento dei paesi mediorientali anche in chiave di mediazione (ne è esempio la telefonata del 2008 tra Assad e Olmert organizzata da Erdogan), un rafforzamento dei rapporti con l’Europa risulta di fondamentale importanza. In una tale ottica, uno svilimento delle relazioni tra la Turchia e la regione che rappresenta l’ingresso all’Europa, i Balcani, risulterebbe oltremodo dannosa per il processo di costituzione del ponte turco tra Oriente ed Occidente. Tra i paesi balcanici, la Slovenia, la Romania, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, la Bulgaria e la Grecia sono già membri dell’Unione Europea, mentre Croazia, Montenegro e Macedonia sono, assieme alla Turchia stessa, i principali candidati. L’ostilità, da parte di questi paesi, verso la Turchia e verso il suo ingresso nell’Unione Europea potrebbe compromettere la saldatura di Ankara con Bruxelles e far crollare uno dei due lati del ponte, quello occidentale.
In quest’ottica, Israele può soltanto guadagnare da un tale scenario. Se, infatti, il progetto del ponte turco fosse portato a termine e la Turchia diventasse veramente un mezzo di mediazione delle istanze occidentali ed orientali, l’importanza del consenso dello Stato di Israele nella regione passerebbe in secondo piano. Infatti, le pressioni da parte mediorientale e da parte europea, una volta coese dalla mediazione turca, risulterebbero insopportabili per Gerusalemme, che si troverebbe costretta ad accordare condizioni di pace, magari non così vantaggiose per Israele, ai palestinesi e ai paesi vicini, come la Siria, con cui sussistono ancora dispute territoriali.

* Giovanni Andriolo, dottore magistrale in Relazioni internazionali e tutela dei diritti umani (Università degli studi di Torino), collabora con la rivista Eurasia.

Pubblicato sulla Rivista Geopolitica Eurasia, il 7.01.2011

giovedì 3 giugno 2010

Il discorso del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan sul massacro della Freedom Flotilla

. :::: Recep Tayyip Erdoğan :::: 3 giugno, 2010 ::::
                                                                                          
Oggi non voglio rivolgermi solo al mio amato popolo ma a tutta l’umanità.
Desidero appellarmi alla coscienza, ai cuori e alle menti di tutta l’umanità, vorrei condividere con coraggio le mie sensazioni.
Ieri, nel buio più profondo della notte, si sono verificati due sanguinosi attacchi.
Il primo è stato l’attentato terroristico contro le nostre truppe di stanza alla base navale Iskenderun. In questo malvagio e feroce attentato, sei dei nostri soldati sono morti, e ora sono diventati martiri. Sette sono rimasti feriti.
Il secondo, all’alba nelle acque del Mediterraneo, il cuore dell’umanità ha ricevuto una delle ferite più gravi che essa abbia mai conosciuto nella storia. Le navi cariche di aiuti, provenienti da cuori umanitari, queste navi che stavano facendo affluire aiuti sono state ostacolate con le armi, dalla violenza e dalla tirannide.
Coloro che con pietà, compassione ed umanità hanno rifornito queste navi, non sono riusciti a raggiungere la loro destinazione, perchè contro di loro si è dato sfogo ad una carneficina.
Ieri, dando inizio alle operazioni di mattina, elementi armati dell’Esercito israeliano hanno fermato gli aiuti umanitari, provenienti da più di 32 paesi ed inviati al popolo di Gaza, con 600 persone a bordo della Free Gaza Flotilla, in acque internazionali, ed in modo assolutamente illegale hanno attaccato spargendo il sangue di innocenti esseri umani.
Dopo questo violento attacco, sfociato in morti e feriti, gli israeliani hanno preso il controllo e sequestrate le navi cariche di aiuti umanitari. Di questo attacco bestiale contro quelle donne, quei giovani e quegli esponenti religiosi che la nave stava trasportando, esprimo ancora una volta la mia ferma e forte condanna.
L’ho dichiarato in Cile. Qui lo ribadisco un’altra volta. Il sanguinoso massacro commesso da Israele contro le navi che portavano aiuti umanitari a Gaza, è una strage che merita qualsiasi tipo di maledizione e condanna. Questa è chiaramente una violazione della legge internazionale, un attacco al cuore dell’umanità e alla pace mondiale, e dico al cuore dell’umanità perché su quelle navi vi erano persone di tutte le nazionalità e religioni.
Solo persone, che stavano portando aiuti umanitari a coloro che stanno subendo un embargo, la popolazione di Gaza. Le navi, prima che partissero, avevano apertamente dichiarato al mondo intero il loro carico, le loro intenzioni, la loro missione. Come testimoni di questo soccorso evidentemente umanitario da parte del mondo e del nostro paese, anche 60 giornalisti sono saliti a bordo delle navi. In acque internazionali, in mare aperto, è avvenuto questo attacco armato contro 600 persone e 6 navi che stavano trasportando aiuti a persone oppresse, affamate e alle quali sono state distrutte le case—si tratta chiaramente di un attacco che va contro i principi basilari delle Nazioni Unite.
Le navi salpate, che sia dalla Turchia o da altri paesi, erano state completamente rifornite per realizzare un proposito umanitario, essendo cariche di soccorsi. Secondo regole di traffico navale, le navi erano state rigorosamente controllate. Inoltre, a bordo non vi erano altro che civili e volontari. Le navi battevano bandiera bianca. Nonostante tutte quelle condizioni, le navi hanno subito un’aggressione armata.
Come sapete, al momento eravamo in visita in America Latina come da programma. A causa di quest’orrendo attacco terroristico avvenuto in Hatay e dell’aggressione illegale di Israele contro le navi degli aiuti umanitari, abbiamo dovuto abbreviare la nostra agenda in Cile per tornare subito in patria. Abbiamo seguito attentamente gli eventi sin dall’inizio. Abbiamo adottato le misure necessarie, insieme ai nostri amici in Turchia.
Ieri mattina, alle 6 e 30, il deputato Bulent Arınc, insieme ai rispettivi ministri e rappresentanti amministrativi, ha organizzato un meeting sul da farsi in cui abbiamo ponderato la questione sotto ogni punto di vista. Il nostro Ministero degli Esteri, i nostri servizi d’intelligence, le rispettive dirigenze e forze armate hanno seguito gli eventi molto attentamente.
Il nostro Ministro degli Esteri e quello della Difesa, parlando al telefono con il Ministro della Difesa israeliano, hanno espresso con forza la nostra reazione e il nostro disappunto. Ed io, insieme ai miei ministri, valutando gli eventi tutta la notte, sono rimasto ininterrottamente in contatto con la Turchia. D’altra parte, ho stabilito contatti con la comunità internazionale e per ora questo modo di agire va avanti.
In tale contesto, ho disposto sul tavolo qualsiasi cosa sia necessaria per agire in tutte le dimensioni di questa situazione. Ho adottato urgentemente tutte le misure necessarie. Le Repubblica turca sta ricorrendo a tutte le possibilità, tra quelle messe a disposizione dalla legge internazionale e dalla diplomazia. E la Turchia continuerà a ricorrervi. In quest’ottica, l’ambasciatore turco a Tel Aviv è stato richiamato. Tre operazioni militari congiunte che erano in agenda sono state annullate. Il nostro Ministro degli Esteri è andato a New York e il Consiglio di Sicurezza dell’ONU è stato convocato per una sessione urgente ed è stato assicurato che questo meeting straordinario ed urgente si terrà.
Il Consiglio di Sicurezza ONU ha rilasciato una dichiarazione che condanna Israele. In questa si è richiamata l’attenzione sulla necessità di aprire un’inchiesta, di rilasciareimmediatamente i civili e i feriti. Le partite della nostra squadra giovanile di calcio sono state annullate. Il Consiglio della NATO è stato convocato per un meeting straordinario. Inoltre, l’Organizzazione della Conferenza Islamica, la Lega Araba, l’Unione Europea e tutti i rispettivi rappresentanti istituzionali sono stati contattati, le istituzioni internazionali sono state richiamate in servizio. L’Organizzazione della Conferenza Islamica terrà un incontro lunedì.
Inoltre, è stato fatto ogni sforzo per assistere i feriti e portarli in Turchia, e da parte nostra è stato preso ogni provvedimento. Israele, impedendo alla comunità internazionale, sin dall’inizio dell’incidente, di avere informazioni, ora deve informare l’opinione pubblica mondiale in modo veritiero e non deve astenersi dal cooperare a livello internazionale. Israele deve capire la gravità della situazione e smettere di commettere simili e sbagliate azioni. A questo punto il comportamento d’Israele è sotto gli occhi di tutti e l’opinione pubblica si sta facendo una sua idea. Coloro che hanno preso parte a questo sforzo sono in contatto e stanno agendo di comune accordo con quei paesi i cui cittadini hanno preso parte alla flotilla.
Le navi battono bandiere turche, greche e delle isole Comore, ci sono persone provenienti da 32 paesi. Mi aspetto che anche quei paesi esprimano le necessarie rimostranze. Pertanto, dico ancora una volta che Israele deve immediatamente togliere l’inumano embargo inflitto a Gaza. Israele non deve impedire che gli aiuti umanitari giungano a destinazione.
Cari compagni, come sapete noi portiamo avanti, in collaborazione con la Spagna, il lavoro dell’Alleanza delle Civiltà. Il nostro fine e la nostra missione è rafforzare la convinzione che diverse religioni, differenti culture e civiltà possano coesistere pacificamente una accanto all’altra. E’ una battaglia portata avanti affinché, piuttosto che odio ed ostilità, l’amore possa trionfare.
Purtroppo, devo dirlo, l’incidente accaduto ieri, dal punto di vista della civilizzazione e della cultura globale dell’umanità, ha segnato un punto nerissimo. Dal punto di vista della storia dell’umanità, questa vicenda è stata registrata come una grave vergogna. Attaccare con armi navi cariche di aiuti umanitari, massacrare gente innocente, minacciare civili come fossero terroristi, è una grande sconfitta sotto questo aspetto. Un atto odiosamente feroce e vigliacco, frutto di sprezzante e sconsiderata presunzione. [20 secondi di applausi].
Lo sappiamo, la guerra come la pace ha le sue leggi. In guerra non si attaccano i bambini, in guerra non si attaccano le donne e gli anziani, in guerra non si attaccano i civili o gli esponenti religiosi, in guerra non si attaccano coloro che sventolano la bandiera bianca, non si attaccano dottori e soccorritori; non in tempo di guerra ma in tempo di pace, chi commette queste cose non solo viola la legge ma allo stesso tempo calpesta coi propri piedi l’umanità, non ne fa più parte.
Tiranni, malfattori e persino pirati hanno particolari sensibilità, seguono particolari codici morali. Coloro che non seguono una morale o un’etica, coloro che agiscono con nessuna sensibilità, definirli tiranni, malfattori o pirati sarebbe perfino un complimento. Di fatto, assalendo un’imbarcazione con volontari provenienti da 32 paesi, Israele ha sfidato il mondo. La pace mondiale è stata ferita gravemente. Questo sfrontato, irresponsabile e sconsiderato governo che non riconosce alcuna legge e calpesta qualsiasi tipo di virtù umanitaria, questo attacco del governo Israeliano deve essere punito in qualunque modo.
Da un governo, che ha fatto del mentire la sua politica di stato e che non si vergogna per il crimine che commette, non ci si può aspettare che apra un’inchiesta e la comunità internazionale deve indagare su questo incidente in tutte le sue dimensioni e fornire un verdetto.
La Turchia non si accontenterà di restare a guardare di fronte a quanto accaduto. La Turchia non è uno stato giovane e senza radici. Non è uno stato tribale! Sarebbe meglio che nessuno tentasse di scherzare con questa nazione per metterne alla prova la sua pazienza. Per quanto preziosa possa essere l’amicizia della Turchia, non è nulla in confronto alla sua inimicizia.
Perdere i rapporti e l’amicizia della Turchia è di per sè un prezzo da pagare. Noi abbiamo sempre avuto una storica amicizia e collaborazione con il popolo israeliano ed ebraico. Quindi penso veramente che quegli israeliani che hanno visto con le lacrime agli occhi questo attacco sanguinoso e che lo condannano severamente, comprendono molto bene che questo incidente non giova alla dignità umana, quanto sia un grande sbaglio e quanto rappresenti un colpo durissimo per l’amicizia dei due paesi.
La questione non riguarda il rapporto tra Turchia ed Israele. Il punto è l’attuale sregolatezza d’Israele e il riconoscere le pratiche disumane dell’attuale governo, il suo ricorrere alla violenza, allo spargimento di sangue, il suo mostrare atteggiamenti che minacciano la pace.
In Medioriente, la Turchia si è da sempre schierata con la pace. Ha contribuito alla stabilità e alla sicurezza della regione. Nel recente passato, anche la Turchia ha contribuito alla normalizzazione delle relazioni di Israele con la Palestina, la Siria ed il Libano. Adesso Israele si mette in mostra prendendo il più importante difensore nella regione e ponendosi da avversario ad esso. Da adesso in poi, Israele deve abbandonare la sconsideratezza che mostra giustificando in nome della sicurezza l’ingiustizia commessa, bollando le critiche come antisemitismo.
Esiste un’idea israeliana in cui la violenza rappresenta la sua politica, Israele considera legittimo il poter opprimere, tirannizzare, martoriare e non esita a spargere sangue. Adesso le azioni illegali d’Israele non possono più essere coperte, esser intenzionalmente rappresentate in modo erroneo e venir ignorate. E’ giunto il momento che la comunità internazionale dica BASTA!
Ho appena parlato con il Segretario Generale dell’ONU. Anche lui sta venendo a New York. E questa sera alle 20, il Presidente Obama ha detto che parlerà anche con lui. In questa sede dichiaro che parlerò con loro proprio di queste questioni.
Indubbiamente, i metodi aggressivi di Israele traggono origine dal potere che ricevono altrove. A questo punto, come Turchia la nostra precisione è chiara. E ieri dal Cile ho parlato con un rappresentante di uno stato membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, la signora Merkel. Oggi ho parlato con altri rappresentanti. Ho discusso con il nuovo Primo Ministro inglese, anche lui ha chiamato e anch’io gli parlerò, l’ho chiamato prima e abbiamo parlato, oggi discuteremo queste cose di nuovo. E parleremo anche con gli altri.
Non possiamo permettere che Israele gestica da solo quel che ha combinato. Non possiamo dire al governo israeliano di poter fare cosa vogliono. Tutto ha un prezzo. E questo governo dovrà pagarlo.
A causa di questo genere di pensiero che non rispetta la vita umana, del fatto che gli israeliani trovano impossibile rispettare alcun diritto e alcuna legge, noi non possiamo assumere un atteggiamento pacifico, cari amici. E’ impossibile accettare questo genere di pensiero che non tiene conto dell’essere umano e non rispetta i diritti umani.
Uno Stato che tiene conto della sicurezza dei propri cittadini non può conseguirla con azioni che portano odio e inimicizia dal mondo intero.
Un’amministrazione che non considera gli altri, eccetto i propri cittadini, come esseri umani non può essere interessata a ciò che viene definita pace.
Israele ha dissipato uno alla volta i propri schermi protettivi, perdendo uno dopo l’altro i propri alleati, isolandosi. L’amministrazione israeliana, provocando rancori e odio in Medioriente, sta facendo saltare in aria la pace della regione, poichè l’instabilità sta aumentando, il contenuto del vaso di Pandora dilaga come iodio.
La comunità internazionale deve immediatamente prendere provvedimenti.
Qui voglio appellarmi anche al popolo israeliano. Noi siamo sempre stati contro l’antisemitismo. Abbiamo alzato la nostra voce contro l’ingiustizia perpetrata contro il popolo ebraico. Abbiamo contribuito affichè il popolo israeliano possa vivere in pace ed in sicurezza in Medioriente. Ora, come popolo israeliano, tocca a voi mostrare uguale atteggiamento umano e sensibile, dicendo “Basta commettere queste crudeltà”.
La politica di violenza mostrata dalla coalizione di governo, in violazione di ogni tipo di diritto e di legge, sta totalmente mettendo da parte gli interessi di Israele. Sta chiaramente mettendo a rishio la vostra pace e sicurezza. A causa dell’atteggiamento aggressivo del vostro governo, lo Stato d’Israele assume una posizione di pirateria, ricorrendo al banditismo.
Quei governanti sconsiderati, pensano di governare uno stato con le bugie, l’inganno, lo spargimento di sangue, con l’aggressività, la pirateria, il terrorismo, il massacro di persone innocenti. Ma quei politici sconsiderati prima di tutto danneggiano Israele ed il suo popolo. Voi, prima di ogni altra cosa, dovete dire basta a tutto questo. A proposito, ringrazio la comunità ebraica turca che ha espresso la sua giusta e sincera reazione a questo accadimento. I nostri cittadini ebrei, quali membri del popolo turco, hanno difeso e continuano a difendere fino all’estremo la giusta posizione della Turchia.
Che qualcuno giudichi con odio i nostri cittadini ebrei o di trattarli in una maniera particolare non è accettabile, non può esserlo e mai dovrebbe esserlo.
Cari fretelli e sorelle, oggi è un nuovo giorno. Oggi è un nuovo inizio. Niente sarà più come prima, ciò appare ovvio. Uno Stato aggressivo che liberamente uccide e massacra, non può giustificarsi di fronte all’umanità senza provar rimorso, senza che sia chiamato a rispondere, non può essere accettato dalla comunità internazionale.
Quelle navi erano tutte navi di compassione. E il loro carico era il cuore dell’umanità. A 72 miglia dalle proprie acque, completamente in acque internazionali, Israele ha messo in atto un’operazione contro una nave, una nave di civili e non militare, non è nemmeno consentito fare una cosa del genere. Fare un’operazione militare contro una nave civile, perfino l’arresto dei suoi passeggeri, è già di per sè un crimine. Attaccare persone innocenti, spargere sangue e massacrare è chiaramente un atto di terrorismo di stato.
Loro negano e dicono di esser stati attaccati, che gli hanno sparato contro. Siamo stufi delle vostre menzogne, siamo stufi. Siate sinceri, siate onesti.
Le navi catturate devono essere rilasciate immediatamente, insieme allo staff e ai volontari. Insieme agli attivisti e ai membri del Parlamento europeo, ai 60 giornalisti, insieme a quella donna che era a bordo con il figlioletto di 1 anno, il piccolo Kaan; nessuno ha il diritto di presentare queste navi come se avessero tutt’altre intenzioni, propositi o fini fuorchè consegnare aiuti umanitari. Questo attacco ha dimostrato ancora una volta la disumana oppressione e crudeltà che Israele infligge da anni ai Palestinesi e a Gaza.
L’ho detto precedentemente. I governanti israeliani, a cui abbiamo detto in faccia quanto bene sanno come uccidere, hanno mostrato ancora una volta al mondo quanto siano bravi a compiere massacri. Indulgenza, mettere le manette perfino ad innocenti persone gravemente ferite a cui hanno sparato. Diamine! Come si può giustificare questo? Steso sulla barella, ferito, e voi gli mettete le manette! Si può spiegare questo con i diritti umani e i valori universali? Non è più possibile dire al mondo quanto queste fossero manifestazioni di umanità.
Tutte le persone, nel mondo, condannano questa evidente crudeltà, lo so. Ma condannare e basta non è più sufficiente, dobbiamo ottenere risultati. A tutti coloro che nel mondo hanno a cuore la giustizia, dovreste sapere che un giorno sarà la giustizia a trionfare e non il potere, è questo che voglio.
La Turchia sfrutterà tutte le opportunità che la legge internazionale consente. A questo punto ci muoveremo di comune accordo con la comunità internazionale. Desidero che tutta l’umanità concentri la propria attenzione su questa questione. Con la sua politica dello spargimento di sangue, Israele non può legittimare con nessuna scusa questo omicidio illegale e sanguinoso, non può giustificarlo.
Israele non ha alcun valido motivo, nessuna scusa da offrire per lavare le sue mani insanguinate. La questione, il caso provocato dal sanguinoso attacco nel Mediterraneo, non è un problema tra due paesi ma un problema per il mondo intero. Ritengo che nessun paese che tiene conto di valori umani e virtù, che nessuna istituzione internazionale resterà solo a guardare di fronte ad un delitto di simili dimensioni.
Da adesso in poi, chiunque chiuda i propri occhi di fronte alle sanguinose aggressioni israeliane, chiunque le ignori, farebbe bene a sapere di essere complice di questi crimini. E’ chiaro che la questione non riguarda il diritto di difendersi dal terrorismo, non si tratta di lotta al terrorismo, la questione è che il tentativo di compiere un massacro contro una città, contro tutte le persone di una città in modo da sterminarle completamente, è stato dimostrato ancora una volta da questo ultimo incidente accaduto.
Voi scaricate bombe su queste persone, sperimentate il fosforo su di esse, bombardate ospedali, moschee, attaccate scuole, bombardate parchigiochi, prendete di mira perfino gli uffici ONU, e come se queste azioni illegali non bastassero, tagliete pure ogni tipo di rifornimenti a questa gente.
E dopo tutto questo, non tratterrete i soccorritori che hanno provato a consegnare cibo, medicine e materiali edili a questa gente, per sentire la vostra barbarie disumana.
Chiunque altro può perdonare ed indulgere a questa illegalità. Lo dico apertamente e lo sottolineo, Israele potrà anche sostenerlo ingannevolmente ma non dovrebbe commettere l’errore di paragonare la Turchia ad altri. Un simile errore avrà un alto prezzo da pagare.
Israele, che ha sparato su innocenza e pietà, con questo delitto commesso in mare aperto, ha scelto l’isolamento dal monto intero. Ha scelto di isolarsi.
Lo ripeto ancora una volta. Se tutti rimangono zitti, se tutti chiudono gli occhi, se tutti voltano le spalle, noi, come Turchia, non volteremo le spalle alla Palestina, ai palestinesi e a Gaza. Noi non chiuderemo i nostri occhi! Non smetteremo di piangere per la Palestina!!!
Miei cari fratelli e sorelle, la nostra nazione deve essere risoluta. La nostra gente deve avere la dignità che si conviene alla Turchia. La porteremo nei nostri cuori. Tutti insieme cureremo le ferite dei nostri feriti.
Apprendiamo con soddisfazione che in ogni angolo di Turchia la nostra gente sta seguendo la vicenda attentamente e con grande sensibilità, sta mostrando le sue reazioni democraticamente e legalmente. E’ opportuno che la nostra gente si esprima. Credo che tutti i nostri cittadini manterranno la loro determinazione, e agiranno con dignità e buon senso. Tutti dovrebbero saperlo ed starne certi, le navi cariche di amore e d’amicizia provenienti dal cuore dell’umanità, un giorno supereranno ogni ostacolo e barriera, giungendo a destinazione.
A coloro che sostengono questa disumana ed illegale operazione;
Tanto voi sostenete l’illegalità, quanto noi sosteniamo le leggi.
Tanto voi sostenete le operazioni sanguinose, l’aggressività, il terrore, altrettanto faremo noi con la giustizia.
Tanto voi siete contro i civili, gli oppressi di Gaza e la Palestina, quanto noi stiamo a loro vicini, sostenendo i civili, gli innocenti, i palestinesi e la gente di Gaza.
Siamo onorati di avere questo status che la storia ci conferisce, ne andiamo fieri, e inoltre, d’ora in poi, continueremo ad agire seguendo la missione che la nostra storia, la nostra civiltà e la tradizione del nostro Stato ci hanno conferito.

                                                                                                
1 giugno 2010
Traduzione a cura di Diego Traversa per www.palestinethinktank.com ewww.gulagnik.wordpress.com

giovedì 13 maggio 2010

Centrali nucleari e Hamas: Russia e Turchia sempre più vicine

Un accordo da 20 milioni di dollari per la costruzione di una centrale nucleare in Turchia, la prima nel Paese mediorientale: è solo uno dei punti della “partnership strategica” tra Russia e Turchia annunciata oggi dal presidente russo Dimitri Medvedev, che in questi giorni si trova in visita ufficiale ad Ankara. Mosca e Ankara, infatti, sono sempre più vicine. Legate da interessi economici, ma anche strategici e militari: un’alleanza che si sta riaffiorando anche grazie al fatto che il governo turco sta sempre più prendendo le distanze da Israele e, seppure in misura minore, dagli Stati Uniti.
                                                                                      
Cominciamo dall’accordo nucleare. La costruzione della nuova centrale in Turchia dovrebbe richiedere circa sette anni, ha detto il primo ministro Recep Tayyip Erdogan. La compagnia russa ZAO Atomstroyexport, specializzata nella costruzione di reattori, controllerà il 100 per 100 del progetto. Anche dal punto di vista di Mosca si tratta dunque di un accordo molto importante, che vede i russi in una posizione di particolare forza: “E’ la prima volta che la Russia non solo costruisce una centrale, come già abbiamo fatto in Iran e India, ma anche la possiede,” ha detto Sergei Kiriyenko, presidente della holding nucleare statale Rosatom.
La Russia infatti è già stata coinvolta nella costruzione di centrali in Iran, e ora si sta vociferando di un possibile accordo con la Siria.
Il che ci porta a un altro punto importante: la politica mediorientale. Un’arena in cui Turchia e Russia pesano sempre di più. E dove Russia e Turchia stanno assumendo una linea sempre più lontana dagli Stati Uniti e sempre più critica nei confronti di Israele.
Una delle questioni su cui Mosca e Ankara stanno facendo pressioni congiunte è, per esempio, l’inclusione nei negoziati israelo-palestinesi di Hamas, ovvero il gruppo islamico, considerato terrorista da Unione europea e Stati Uniti, che di fatto controlla la Striscia di Gaza. “Hamas non può essere ignorata, non si può raggiungere la pace senza di loro,” ha detto il presidente turco Abdullah Gul, in una conferenza congiunta ad Ankara insieme alla controparte russa Medvedev. Lo stesso Medvedev ha incontrato martedì a Damasco il leader di Hamas Khaleed Meshaal, insieme al presidente siriano Bashar al-Assad.
Questa presa di posizione rischia di fare saltare i piani degli europei e degli americani, che finora hanno tentato di mediare tra palestinesi e israeliani proprio escludendo le fazioni più oltranziste, a cominciare da Hamas.
Dal canto loro, i governi di Mosca e Ankara sembrano molto determinati a fare sentire la loro voce in Medio Oriente. Perché l’unione, si sa, fa la forza. “Questo è un giorno molto speciale nelle relazioni turco-russe,” ha detto nella conferenza stampa congiunta Medvedev. Che ha parlato, senza mezzi termini, di “una partnership strategica” tra Russia e Turchia.
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annamomigliano > Anna Momigliano è una scrittrice e giornalista milanese di 29 anni. Va spesso in Israele a trovare amici e parenti. Per Marsilio ha scritto Karma Kosher.
Mercoledì 12 Maggio 2010, Pubblicato su Panorama.it

sabato 13 marzo 2010

I "GIOVANI TURCHI" ALL'UNCINO E "COMPASSO"

La Preghiera di Ataturk
Maurizio Blondet
08 agosto 2008



                                                                                      

Itamar Ben-Avi, (1882-1943), giornalista sionista, figlio del linguista che restituì ad Israele l’ebraico come lingua moderna e quotidiana (1), scrive nella sua autobiografia in ebraico il seguente episodio.

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Una sera dell’autunno 1911, mentre si trovava nella hall dell’Hotel Kamenitz a Gerusalemme, il proprietario dell’albergo gli indicò un capitano turco che sedeva ad un tavolino davanti a una bottiglia di arrack: «E’ uno dei più importanti ufficiali dell’esercito turco». Si chiama Mustafa Kemal, lo informò il padrone. Scrive Ben-Avi: «Voglio conoscerlo, dissi, perché fui colpito dallo sguardo penetrante dei suoi occhi verdi».
Gli incontri furono due, innaffiati di abbondanti sorsi di arrack e la conversazione avvenne in francese, la lingua diplomatica dell’impero ottomano. Nel 1911 Gerusalemme era ancora una città ottomana.
Fin dal primo incontro, dopo i convenevoli, Mustafa Kemal confidò al giornalista: «Sono un discendente di Sabbatai Zevi - no, non sono più ebreo, ma sono un ardente ammiratore di quel vostro profeta. Penso che ogni ebreo in questo Paese dovrebbe essere nel suo campo».
Durante il secondo incontro, avvenuto una decina di giorni dopo sempre allo stesso hotel, l’ufficiale confidò ancora: «A casa ho una bibbia ebraica stampata a Venezia. Un libro antico. Ricordo che mio padre mi iscrisse presso un insegnante karaita che mi ha insegnato a leggerlo. Posso ancora ricordare alcune parole, come...». E - scrive Ben-Avi - Mustafa Kemal tacque per un momento, come cercando qualcosa con gli occhi in alto.
Poi ricordò: «Shema Yisra’el, Adonai Elohenu, Adonai Ehad...». «Questa è la nostra principale preghiera, capitano», disse Ben Avi. «Ed è anche la mia preghiera segreta, cher monsieur, replicò lui riempiendo un’altra volta i nostri bicchieri» (2).
Nel 1911 Ben-Avi non poteva conoscere molto della setta di Sabbatai Zevi. I primi libri manoscritti con la dottrina esoterica del gruppo furono raccolti nella Biblioteca Nazionale solo dal 1935, quando alcuni ex-adepti li consegnarono a studiosi dell’ebraismo, fra cui il più celebre è Gershom Scholem. I seguaci di Sabbatai Zevi, in turco donmeh (apostati), continuavano i loro rituali segreti nelle loro sinagoghe interne, invisibili dalla strada, all’insaputa della stessa comunità ebraica (o almeno dei più).
Rigorosamente endogamici, concentrati soprattutto a Salonicco, professanti esteriormente l’Islam, i donmeh recitavano lo Shema Yisra’el come gli ebrei ortodossi, ma preceduto da un’aggiunta: «Sabbatai Zevi è il Messia e non un altro. Ascolta Israele, il Signore nostro Dio, il signore è Uno».
Solo un decennio dopo quell’incontro Mustafa Kemal avrebbe preso il controllo dell’esercito ottomano dopo la disfatta della prima guerra mondiale, avrebbe fermato un tentativo greco di invasione, e fondato la repubblica turca secolare, confinando la pratica della fede musulmana a fatto privato, nelle moschee. E sarebbe stato insignito del nome onorifico di Ataturk, «Padre dei Turchi».
Non fece tutto da solo. «I donmeh hanno esercitato un ruolo determinante nel Comitato Unione e Progresso, l’organizzazione dei Giovani Turchi che ebbe origine a Salonicco», scrive Scholem. Come lascia indovinare il nome, «Comitato Unione e Progresso» era una cellula di ispirazione massonica, «progressista» e «riformista» in senso radicale. Il Grande Oriente di Francia, e la massoneria italiana, fornivano più che semplice simpatia, ma finanziamenti ed appogggi concreti, attraverso la Banca Commerciale Italiana.
Quando il putsch kemalista esautorò il sultano, il Comitato Unione e Progresso divenne il governo di fatto del Paese, controllando «la gestione dei ministeri, la sicurezza pubblica, il rispetto dell’ordine». Il ministro delle Finanze del governo, David Bey, «era un donmeh molto influente nella setta dei Karakash», scrive Arthur Mandel, lo storico del frankismo, la propaggine estrema e polacca del sabbateismo; «apparteneva alla famiglia Russo, discendente diretta dal dio incarnato Baruchya Russo», attesta Scholem.
Baruchya Russo, che «nel mondo» si faceva chiamare col nome turco di Osman Baba, era il dio incarnato per la sua setta, la più estrema del sabbateismo. Predicava e praticava l’incesto: dopo la venuta del messia, infatti, non vigono più i divieti biblici. Del resto era figlio di Jacob Querido, fratello e marito di Aisha, terza moglie di Sabbatai Zevi. Dopo la morte del messia Zevi, Aisha «riconobbe» che il marito defunto s’era incarnato in suo fratello. Con ciò, l’astuta Aisha assicurava alla sua famiglia l’eredità pseudo-messianica, con i conseguenti vantaggi economici relativi; i fedeli Karakash coprivano di offerte il loro dio vivente. La donna condivise il talamo col fratello di sangue, in cui abitava l’anima di Sabbatai, e ne ebbe figli, fra cui Baruchya. La setta dei Karakash era dunque la più estrema, ma anche la più diretta linea esoterica discendente da Sabbatai, per via - diciamo così - carnale.
Mustafa Kemal disse al giornalista Ben-Avi che un insegnante «karaita» gli aveva insegnato a leggere l’ebraico. I karaiti sono un gruppo ebraico, che fiorì nel decimo-undicesimo secolo e tutt’ora esistente anche se marginale, che rifiuta la «legge orale», Mishanh, accettando soltanto la Torah, i primi cinque libri dell’Antico Testamento; come seguaci del «sola Scriptura», si opposero al talmudismo rabbinico. Maimonide li giudicava eretici (3).
Fatto significativo, era un karaita Moshe Marzouk, l’ebreo egiziano che nel 1954 restò ferito dal proprio ordigno mentre cercava di mettere una bomba in un ufficio britannico al Cairo, uno dei tanti attentati «false flag» che sconvolsero la capitale egiziana in quei mesi, organizzati dallo spionaggio israeliano per farli apparire come dovuti a musulmani (4).
Ma era un karaita l’insegnante del giovane Mustafà Kemal? Ben Avi, che nulla sapeva dei donmeh, può aver equivocato. Il padre del futuro Ataturk, lui stesso un domneh molto secolarizzato e fieramente anti-islamico, avrebbe potuto mandare il figlio a imparare l’ebraico non da un karaita, ma da un Karakash. La setta che più esplicitamente praticava la dottrina della «salvezza attraverso il peccato».

E’ bene ricordare che questa - esoterica e aberrante - è la radice del laicismo turco.

Jacub Frank
                                                                  

1) Itamar Ben-Avi era il figlio di Eliezer Ben-Yehuda, il linguista che riportò in auge l’ebraico come lingua ufficiale di Israele. Questo padre insegnò al figlio l’ebraico, e gli vietò di parlare con gli altri bambini ebrei, che parlavano altre lingue. Ben-Avi, come lui stesso ha raccontato, crebbe in Palestina senza amici, essendo il solo fanciullo a parlare l’ebraico al suo tempo. La sua famiglia subì l’ostilità degli ebrei più ortodossi, gli haredim, che consideravano sacrilego l’uso quotidiano
della lingua sacra biblica. Un «dogma» oggi abbandonato, ovviamente. La religione ebraica, affollata di divieti e di interdetti draconiani, sa anche abolirli, quando occorre.

2) Z. Yaakov, «When Kemal Ataturk recited Shema Ysrael», Forward, 28 gennaio 1994.

3) Uno dei più curiosi punti che oppongono i karaiti ai talmudisti rabbinici riguarda il divieto di mangiare carne e formaggio nello stesso pasto. L’origine del divieto è estrapolata da una norma di Mosè che in realtà dice: «Non mangerai l’agnello cotto nel latte di sua madre» (Esodo, 23:19). Forse il divieto riguardava un pasto rituale di un qualche culto idolatrico; forse i legislatori mosaici intendevano con ciò colpire simbolicamente l’incesto; il Talmud ne ha fatto un caposaldo del cibo «kosher», estendendo il divieto a tutte le carni e a tutti i prodotti latttiero-caseari, che non possono essere consumati insieme. I karaiti hanno aggiunto qualcosa di più: siccome la parole ebraica per «latte» è identica alla parola che significa «grasso» nella Torah senza le vocali - e siccome la vocalizzazione della Torah è fornita dalla tradizione orale, che essi respingono - essi desumono che Esodo 23 vieta non solo di mescolare la carne al formaggio, ma anche al grasso. Si ritiene che i karaiti oggi siano circa 30 mila, per lo più insediati in Israele. Duemila individui vivono negli Stati Uniti; un centinaio di famiglie abita ad Istanbul.

4) La scoperta della natura di questi attentati «islamici» portò alle dimissioni del minsitro israeliano responsabile, di nome Lavon. La vicenda è nota in Israele come «l’Affare Lavon».

Sabbatei Zevi
COMMENTI: http://www.effedieffe.com/content/view/4113/176/      

sabato 6 marzo 2010

La questione armena e la Turchia moderna

IL  DILEMMA  DI  ERDOGAN                                                          Sigillo Ottomano

Non è certo nelle ambizioni di questo blog fare un’esaustiva analisi storica della questione armena.
Non ho gli strumenti né dello storico, né dell’analista, né dell’esperto geopolitico. Ho peró sufficienti legami con la Turchia e una personale curiosità che mi hanno spinto, negli anni, ad un approfondimento delle vicende storiche di quel paese. Questa che segue quindi è la mia modesta opinione dell’intera vicenda supportata da qualche accenno storico anche se sono consapevole essere del tutto insufficiente e certamente incompleto.
Nel pieno della rivoluzione industriale e memori dell’assedio di Vienna, agli Stati europei doveva essere chiaro che la potenza dell’Impero Ottomano costituiva un ostacolo al proprio sviluppo commerciale e politico. Il balzello pagato ai porti dell’Impero e il fatto che tutti i giacimenti di petrolio allora conosciuti fossero nel territorio Ottomano erano motivo di preoccupazione. Lo sviluppo europeo sarebbe stato proporzionale ai dazi e alle royalty pagate nelle casse del Sultano. Una visione spaventosa. Nel corso degli anni le potenze europee agirono su diverse direttive con l’unico scopo di destabilizzare l’Impero. Da una parte, con la scusa di supportare le riforme in corso, lo pilotarono nella trappola del debito, dall’altra, a piú riprese, istigarono diversi gruppi etnici alla “rivoluzione” nazionalista. Gli inglesi pilotarono le ribellioni delle tribú beduine. Thomas Edward Lawrence detto Lawrence d’Arabia consegnó l’attuale Arabia nelle mani della famiglia Saud, legata alla setta dei wahabiti, dopo aver personalmente guidato le bande beduine in agguati sanguinosi. I greci parteciparono attivamente al sollevamento di Smirne (Izmir) e i russi fomentarono la ribellione delle popolazioni armene. (Kreiser und Neumann: Kleine Geschichte der Türkei. Stuttgart 2003). All’interno dell’apparato militare, con la partecipazione della massoneria, nacquero gruppi clandestini di tendenza nazionalista turca e profondamente avversi al sultanato. Fra tutti il İttihat ve Terakki Cemiyeti (Comitato per l’Unitá e il Progresso), conosciuto anche sotto il nome di Yeni Türk (I nuovi Turchi) organizzato sul modello della carboneria. Di questa organizzazione faceva parte anche Kemal Pascha (Atatürk) con la tessera N° 322. Fu questo gruppo di giovani ufficiali, sotto la diretta responsabilitá del Ministro degli Interni Talat Bey (tessera N° 3) ad eseguire gli ordini del massacro e della deportazione delle popolazioni armene. Alla fine della prima guerra mondiale, sconvolto dagli scandali e da gravi sconfitte militari in Iraq e Siria, il Governo del Comitato per L’unità e il Progresso diede le dimissioni e l’eroe di Gallipoli e della resistenza contro gli alleati europei, Kemal Pascha, arrivó gradualmente al potere. I responsabili dei massacri vennero nascosti o ripararono all’estero. La notte del 2 novembre 1918, i generali Enver, Talat e Cemal, i maggiori responsabili del terrore, lasciarono Istambul a bordo del sottomarino tedesco SM U 17. Talat venne assassinato il 15 marzo 1921 a Berlino davanti alla sua abitazione sulla Kurfürstendamm N° 4 da un sopravissuto all’eccidio, tale Soghomon Tehliria. Cemal morì in un attentato di un gruppo armeno il 22 luglio 1922 a Tiflis. Enver morì in battaglia contro l’armata rossa il 4 agosto 1922, colpito da soldati armeni. Il Governo ribelle di Ankara di Mustafa Kemal Atatürk, il primo novembre 1922 abolí il sultanato. Tre giorni piú tardi il Governo di Istambul fedele al Sultano diede le dimissioni. Cosí, il 4 novembre 1922 finí ufficialmente l’Impero Ottomano.
Quale è ora la posizione di Erdogan e del suo Governo?
Erdogan non è sicuramente un simpatizzante dell’apparato militare turco erede del laicismo di Atatürk e che ben due volte, in collaborazione con l’apparato giuridico e con la malcelata approvazione di Angela Merkel e del marito di Carla Bruni, ha tentato di allontanarlo dal potere. In tutta onestá Erdogan potrebbe dichiarare che la “sua” Turchia non ha nulla a che vedere con le canaglie dell’apparato militare del passato e del presente. Di fatto il suo Governo, per la prima volta nella storia della Turchia, ha aperto una tavola rotonda con le autoritá armene per discutere e risolvere il problema e forse è proprio questo che indispettisce i suoi rivali nazionali e internazionali. Erdogan, l’amico dell’Islam, dopo aver fermato la piaga dell’inflazione galoppante, aver stabilizzato l’economia turca, aver aperto il dialogo con la minoranza curda e con il clero cristiano, sembra deciso a risolvere anche il problema armeno. Tutte cose che lo Stato laico, controllato dai militari e dal potere giudiziario, non è mai riuscito a gestire. La sentenza di una Commissione del Congresso americano (23 voti contro 22 e un astenuto) che definisce “genocidio” il massacro degli armeni avvenuto tra il 1915 e il 1919 è quindi interpretata come un bastone fra le ruote nel processo di avvicinamento fra i due Stati interessati e nella lunga strada in salita del Governo di Erdogan che preferisce invece il confronto diretto e bilaterale con l’Armenia.
C’è da chiedersi, infatti, perché altri Stati sono improvvisamente interessati a dare una definizione storica del problema intervenendo, senza essere stati chiamati, in un dialogo che è giá avviato e che ha giá dato i suoi primi risultati.
Sarebbe come se l’Uganda pretendesse dagli USA di definire genocidio i reiterati massacri di Sioux, Comanche e Apache.

Pubblicato su Il Derviscio, il 06.03.2010, da Stefano

martedì 3 novembre 2009

TURCHIA : UN NUOVO ACCORDO PER LA POLITICA GLOBALE






:::: Eva-R Siston :::: 3 novembre, 2009

Fonte: Mondialisation.ca 28 ottobre 2009, blog di Eva-R Siston (http://r-sistons.over-blog.com/)
:::: Eva-R Siston :::: 3 novembre, 2009
Casualmente, senza il rumore dei media, un grande evento in termini di geopolitica, con pesanti conseguenze per l’equilibrio del mondo, è appena accaduto. La Turchia si stanca…

Si è a lungo parlato dell’ ingresso della Turchia nell’Unione europea. Ma alcuni stati sono particolarmente riluttanti, in particolare Francia e Germania che, tuttavia, ospitano una grande comunità turca (1). E le cose si trascinano, gli anni passano, la Turchia molla. Tuttavia, Erdogan ricorda costantemente che è interesse dell’Unione europea includere la Turchia tra i suoi membri, in modo che tenda un ponte tra il mondo musulmano di oltre 1,5 miliardi di persone, e, attraverso l’Europa, il resto del mondo (2). Niente da fare.
L’Europa è l’architetto dello spostamento della Turchia
Il 29 gennaio al World Economic Forum di Davos, Erdogan sbatte la porta, criticando gli organizzatori per non aver potuto rispondere a Shimon Peres, nel corso del dibattito sul Medio Oriente. Per il primo ministro turco, l’ultima operazione militare israeliana a Gaza, “Piombo fuso”, particolarmente mortale, era insostenibile (3).
Segurono una serie di decisioni e dichiarazioni: “Erdogan ha appena alzato un altro tassello nelle sua accuse contro Israele. In un congresso a Istanbul, ha chiesto a Israele “di porre immediatamente fine al blocco imposto alla Striscia di Gaza, perché ciò che accade lì non è inferiore a una cosa terribile che non si può fare passare sotto silenzio”. “Il primo ministro turco ha voluto precisare” che non ha reagito perché è musulmano, “ma semplicemente perché è un essere umano.” Poi ha lanciato l’accusa più grave: “Da un punto di vista giuridico, il blocco di Gaza è un crimine contro l’umanità, e la comunità internazionale deve intervenire per farlo finire, perché è una tragedia umana.” Ha anche accusato Israele di “impedire la ricostruzione delle zone distrutte durante l’Operazione ‘Piombo forgiato’, che vieta il passaggio di materiali nella Striscia di Gaza.” (4)
La Turchia marca sempre più la sua indipendenza
Inoltre, la Turchia ha recentemente sospeso la partecipazione della sua aviazione nelle esercitazioni militari congiunte con la NATO, in Anatolia (5). Chiaramente, il paese non ha digerito l’operazione israeliana contro la Striscia di Gaza, né i traccheggi dell’Europa nei suoi confronti. Non volge più le sue critiche allo Stato di Israele, e si avvicina all’Iran e alla Siria, la riannodando le sue radici orientali, compresa la conclusione di diversi accordi di partnership con Baghdad e con Damasco (6). Erdogan è stato anche uno dei primi a congratularsi con Ahmadinejad dopo la sua rielezione, lo scorso giugno (7).
Dopo aver indurito la sua posizione nei confronti di Israele (8), in particolare ha sostenuto la relazione Goldstone che, ecco una nuova tappa, la Turchia si avvicina sempre più all’Iran. Sull’arsenale nucleare del regime israeliano, il Primo Ministro turco chiede un dibattito internazionale (9). Egli non supporta più il trattamento preferenziale accordato allo Stato ebraico, ha denunciato la parzialità dell’occidente verso l’Iran e il suo programma nucleare: “In un’intervista al quotidiano britannico ‘The Guardian’, Erdogan ha detto che le accuse occidentali mosse contro l’Iran, sospettato di voler costruire una bomba nucleare, sono basate sulla ‘calunnia’.” Ha detto che “qualsiasi attacco militare contro gli impianti nucleari iraniani sarebbe una follia (…) Da un lato si dice di volere la pace nel mondo, ma dall’altra si ha un approccio distruttivo verso uno Stato che ha 10.000 anni di storia“, ha detto… (10).
Riavvicinamento con l’Iran
La crisi cova tra Israele e la Turchia, una crisi ancora sorda, ma può diventare acuta, mentre con l’emergere di un intervento contro l’Iran Israele, giustamente, avrebbe tanto più la necessità della benevola neutralità della Turchia, per condurre le proprie operazioni militari, mentre è sempre più isolata nella regione e posta di fronte alla disapprovazione dell’opinione pubblica internazionale (11).
Nuovo test per Israele, Erdogan ha visitato Teheran in compagnia di 200 politici ed economici turchi, tra cui i ministri del commercio, degli affari esteri e dell’energia, oltre a 18 deputati (12) e il primo ministro turco ha definito il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, un amico, in attesa di accordi commerciali con colui che l’Occidente demonizza.
Il presidente Ahmadinejad ha accolto positivamente le pese di posizione del suo nuovo amico, dicendo che le sue dichiarazioni hanno avuto effetti positivi nel mondo. Ha detto: “Il regime sionista minaccia tutte le nazioni e fa di tutto in modo che non vi sia nessun’altra potenza nella regione. Prendiamo atto che l’uso della forza nella Striscia di Gaza non gli è sufficiente, e attacca anche Gerusalemme la Santa“. I due leader hanno parlato di relazioni più strette tra i loro paesi ed hanno discusso la questione nucleare iraniana. Ahmadinejad ha detto che “l’Iran e la Turchia hanno interessi comuni e affrontano minacce simili. Se collaboriamo, possiamo superare tutti i nostri problemi per il bene dei nostri due popoli“. Per quanto riguarda il ministro israeliano Lieberman, Erdogan l’ha accusato anche di aver minacciato di usare armi nucleari contro Gaza. (13)
Un punto di svolta decisivo, nel lungo termine
Questo cambiamento d’indirizzo nella politica turca apporterà, a lungo termine, importanti modifiche nel partenariato US-israeliano, e alla comunità in generale. Infatti, la Turchia occupa una posizione strategica sulla scena internazionale, al crocevia di due mondi, Oriente e Occidente, cristiano e musulmano. Alle tergiversazioni dell’UE, Erdogan risponde chiaramente giocando la carta dell’Oriente, riavvicinandosi all’Islam e al passato ottomano. Sarà in grado di alzare la posta in gioco e di influenzare le decisioni internazionali, in modo da danneggiare gli interessi atlantisti nella regione. Come? Per esempio vietando il sorvolo della sua regione in tempi di conflitto, di guerra. O rifiutando di aiutare la NATO nello svolgere i suoi programmi in Medio Oriente.. Basti dire che l’Occidente, probabilmente, sta perdendo una carta vincente in questa parte del mondo. E questa incarnazione della politica imperiale può avere conseguenze molto gravi, soprattutto se Ankara rafforza i legami con l’Iran, nemico dichiarato dalla coalizione occidentale.
Nessuna rottura improvvisa, certo, ma dei piccoli passi inquietanti, in una direzione che ha tutto per preoccupare la NATO nel momento, senza dubbio, in cui si prepara l’offensiva contro l’Iran. Il campo dei non allineati si rafforza, e non abbiamo finito di vederne le conseguenze, se non a breve termine, almeno nel lungo termine.

Note e Riferimenti:
(1) Tra i leader europei, alcuni, come in Francia o in Germania, hanno pregiudizi nei confronti della Turchia. Sotto Chirac, abbiamo avuto rapporti molto buoni [con la Francia] ed è stato molto positivo nei confronti della Turchia. Ma sotto Sarkozy non è la stessa cosa. http://www.actu.co.il/2009/10/erdogan-accuse-israel-de-%C2%AB-crimes-contre-l%E2%80%99humanite-%C2%BB

(2) E’ un atteggiamento sleale. L’Unione europea sta violando le proprie regole. Essere nell’UE ci permetterebbe di costruire ponti tra il mondo musulmano, che ha 1,5 miliardi di persone, e il resto del mondo. Devono rendersene conto. Se l’ignoreranno, indeboliranno l’Unione europea. http://www.actu.co.il/2009/10/erdogan-accuse-israel-de-%C2%AB-crimes-contre-l%E2%80%99humanite-%C2%BB
(4) http://www.actu.co.il/2009/10/erdogan-accuse-israel-de-%C2%AB-crimes-contre-l%E2%80%99humanite-%C2%BB/

(5) Israele incassa un colpo diplomatico molto grave. La Turchia, l’unico paese musulmano legato da un accordo di cooperazione militare con lo Stato ebraico, ha posto il veto alla partecipazione di aerei israeliani alle manovre che avranno luogo questa settimana, nel suo spazio aereo (…) Per i funzionari israeliani, questa iniziativa è un fischio d’allarme. Fino ad ora, la Turchia è stata infatti considerata un alleato strategico di primaria importanza (…) a questo quadro, si devono aggiungere gli scambi tra servizi di intelligence e la vendita di armi israeliane alla Turchia (…) Ma questi rapporti sono, tuttavia, “fratturati”. Negli ultimi mesi, Recep Tayyip Erdogan, primo ministro e leader del partito islamico, ha indurito i toni. Ma finché la cooperazione militare non è stata alterata, gli israeliani non s’adombravano. L’annullamento della partecipazione di Israele nelle manovre, invece, sembra segnare un cambiamento nelle regole del gioco.
http://www.lefigaro.fr/international/2009/10/13/01003-20091013ARTFIG00301-la-turquie-annule-des-man339uvres-militaires-avec-son-allie-israelien-.php

(6) http://chiron.over-blog.org/article-avant-son-voyage-erdogan-denonce-les-calomnies-de-l-occident-contre-teheran-38308279.html;
 http://www.alterinfo.net/Avant-son-voyage,-Erdogan-denonce-les-calomnies-de-l-Occident-contre-Teheran_a38465.html
(7) http://chiron.over-blog.org/article-avant-son-voyage-erdogan-denonce-les-calomnies-de-l-occident-contre-teheran-38308279.html;
http://www.alterinfo.net/Avant-son-voyage,-Erdogan-denonce-les-calomnies-de-l-Occident-contre-Teheran_a38465.html
(8) C’è stata successivamente la campagna contro l’ambasciatore Edelman, degno del Stürmer e della Pravda. Poi le massicce ristampe di Kavgam, la traduzione turca di Mein Kampf, seguite da Hitler’in Liderlik Sirlari (le qualità di leadership di Hitler), e Metal Firtina (Metal Storm), un romanzo di fantapolitica che descrive l’aggressione militare americana contro la Turchia (450000 copie vendute in meno di un anno). Poi Kurtlar Vadisi (La Valle dei Lupi), una serie televisiva in cui l’operazione americana in Iraq è presentata come un genocidio anti-turco, dove gli ebrei e gli americani sono già coinvolti nel traffico di organi, un argomento che sarà ripreso nel 2009, da un giornale svedese di grande tiratura. E infine, il recente film del primo canale della televisione pubblica turca, sulle cosiddette atrocità israeliane a Gaza.

(http://www.rebelles.info/article-turquie-la-regression-erdogan-37970885.html)

(9) Il primo ministro turco chiede un dibattito internazionale sull’arsenale nucleare del regime israeliano. Recep Tayyip Erdogan ha detto, Sabato, al II Congresso del suo partito, “Giustizia e Sviluppo” che se la questione nucleare iraniana è stata discussa sulla scena internazionale, si deve farlo anche per le armi nucleari del regime israeliano. “La Turchia chiede una politica basata su una maggiore giustizia nel mondo, e se parliamo di armi di distruzione di massa, dobbiamo anche ricordare le bombe al fosforo usate dal regime israeliano a Gaza”, ha detto. Il Primo Ministro turco Recep Tayyip Erdogan, ha affermato l’opposizione del paese alla proliferazione delle armi nucleari in Medio Oriente, aggiungendo che il regime israeliano è l’unico paese della regione che possiede armi nucleari. Erdogan ha detto che il mondo dovrebbe essere equo, se desidera la pace, sottolineando che l’Iran non ha fatto nulla, mentre il regime israeliano ha commesso crimini a Gaza. Ha descritto come follia qualsiasi azione militare contro l’Iran, dicendo che dovrebbero imparare dall’invasione statunitense contro l’Iraq, dove un’intera civiltà è stata distrutta e più di un milione di iracheni sono stati uccisi.
(11) La minaccia di una crisi acuta con la Turchia, preoccupa al punto più alto i funzionari israeliani, nel momento in cui la neutralità “benevola” di Ankara sarebbe la benvenuta nella prova di forza nei confronti dell’Iran. Israele si trova sempre più isolato nella regione. Le relazioni con l’Egitto e la Giordania, gli unici paesi arabi mantenere relazioni diplomatiche con Israele, si sono notevolmente raffreddate. Barack Obama, nonostante tutti i suoi sforzi, non è riuscito a convincere i paesi del Golfo ad accettare di fare un qualsiasi gesto nei confronti di Israele. Sul fronte palestinese, George Mitchell, inviato speciale statunitense, è partito all’inizio della settimana a mani vuote. In breve, ancora non c’è nessuna ripresa in vista …

http://www.lefigaro.fr/international/2009/10/13/01003-20091013ARTFIG00301-la-turquie-annule-des-man339uvres-militaires-avec-son-allie-israelien-.php

12) http://www.alterinfo.net/Avant-son-voyage,-Erdogan-denonce-les-calomnies-de-l-Occident-contre-Teheran_a38465.html
13) http://www.actu.co.il/2009/10/erdogan-accueilli-a-bras-ouverts-a-teheran
http://r-sistons.over-blog.com/article-turquie-lettre-ouverte-aux-38318294.html



Traduzione di Alessandro Lattanzio
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