venerdì 10 settembre 2010

Nãsir-e Khosraw (1004-1074 o 1088), grande maestro ismailita del Ta'wîl


"La religione positiva (sharî'at) é l'aspetto essoterico della Verità spirituale (haqîqat), e la Verità spirituale é l'aspetto esoterico della religione positiva..... La religione positiva é il simbolo; la Verità spirituale é il simboleggiato".

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N. Khosraw nasce verso il 1004 a Qobadiyan, borgo vicino alla nota città di Balkh (ai confini del Khorasan), all'epoca importante punto d'incontro di varie culture; nel corso dei secoli, il mondo sembrava essersi dato appuntamento in questa località, via via arricchita dal passaggio, e a volte dalla permanenza, della cultura zoroastriana, greca, buddhista, manichea, nestoriana e musulmana. La famiglia é di discendenza alide, e Khosraw ha diritto al titolo di seyyed, in quanto discendente del Profeta. Fin da giovane mostra interesse per filosofia, scienza e religione, anche se da un punto di vista spirituale non risulta particolarmente impegnato. Di certo sappiamo che la sua vita cambia notevolmente verso i 40 anni, operando un notevole salto di qualità, fatto sicuramente dovuto a contatti con ambienti ismailiti. Nel 1045, Khosraw stesso scrive: "Occorre che mi risvegli da un sonno durato 40 anni". In tale periodo, decide di abbandonare la sua carriera di funzionario pubblico, ripara la moschea di Guzganan e parte per un lungo pellegrinaggio che tocca vari centri religiosi, anche ismailiti, e soprattutto la Mecca e Il Cairo. "Nasir Khosraw, attratto dalla fama di Al Mostansir, venne dal Khorasan in Egitto, dove rimase sette anni, durante i quali compì varie volte il pellegrinaggio a La Mecca, ritornando in Egitto ogni anno" (Rasidu-d-din Tusi, famoso storico persiano).

Nell'età di Khosraw, Il Cairo é una delle più importanti e splendide città del mondo, cuore del califfato fatimide, retto da Al Nostansir per un lungo periodo (1036-1094), il quale califfo é contemporaneamente anche Imam di tutti gli Ismailiti (solo alla sua morte, infatti, vi sarà la scissione tra Mustaliti e Nizariti, di cui dovremo dire a parte). Tale califfato-imamato segna uno dei momenti più elevati dell'esperienza fatimide-ismailita e forse dell'intera civiltà medievale, non solo islamica. Ecco come Khosraw stesso descrive, nel "Libro di viaggio", l'atmosfera di serenità e sanità morale che caratterizzava la vita nella capitale fatimide: "Tutti si sentivano sicuri della giustizia del Re, nessuno aveva a temere sicofanti o spie. Tutti avevano fiducia nel Sovrano, certi come erano che egli non avrebbe oppresso alcuno né bramato le ricchezze di alcuno ... il benessere che notai la non mi apparve in nessun altro luogo".
Un commentatore contemporaneo, al quale dobbiamo la citazione di cui sopra, così spiega il lusinghiero giudizio di Khosraw: "Questa eccezionale prosperità era dovuta principalmente a tre fattori: alla buona amministrazione, che non doveva temere, come in altri paesi orientali, le improvvise velleità di sultani o di emiri; alla tolleranza religiosa, che permetteva di intessere traffici coi paesi cristiani e consentiva ai Cristiani e agli Ebrei egiziani di arricchirsi, collaborando così al benessere comune; alla stabile organizzazione delle milizie, regolarmente pagate dal governo e che, quindi, non vivevano di esazioni imposte alla popolazione civile" (Pio Filippani Ronconi).
Khosraw resta dunque per circa sette anni a Il Cairo (sia pure spostandosi periodicamente altrove per motivi legati alla sua attività),durante i quali riceve l'iniziazione alla Da'wat (Appello, Convocazione) ismailita, tramite Mo'ayyad Shirazi (morto nel 1077), noto come autore fecondo in arabo e in persiano (cosi lo descrive H. Corbin), ma soprattutto occupante l'alto grado gerarchico di Guardiano della Soglia.
L'Ismailismo, ben presente in Egitto, ha già notevoli ramificazioni verso oriente (specie la Persia) che il califfo Al Nostansir vuole potenziare: all'interno di questo progetto, Khosraw riceve l'investitura di "Hojjat" (Garante), e in tale qualità viene inviato al suo paese natale per operare nel Khorasan e nelle zone circostanti, dal Mar Caspio, alla Persia, al Pamir (ricordiamo di sfuggita che nell'area iraniana, dopo Khosraw, che però gli aveva preparato il terreno, opererà un altro prestigioso emissario di Al Nostansir, il famoso Hasan-e Sabbah: fuggito dall'Egitto in circostanze non del tutto chiare, nel 1081 troverà rifugio in Persia e nel 1090 si impossesserà del castello di Alamut -Nido d'Aquila-, destinato a diventare il centro spirituale dell'Ismailismo nizarita).
Nel 1052 Khosraw é dunque di nuovo a Balkh; in quanto alto dignitario ismailita, viene visto con diffidenza in certi ambienti ostili al ta'wil (lettura esoterica di Corano e Hadith, professata dagli Ismailiti). A causa dei contrasti che rendono precaria la sua permanenza, decide di trasferirsi a Yomgan, nell'alta valle del Kokca (affluente dell'Oxo), in una zona controllata da un suo amico e protettore, l'emiro del Badakhshan, Ali Ibn Asad. Di certo, verso il 1061 é già sistemato in questa località, dove dirige la comunità ismailita (ancor oggi vivente); nello stesso anno, termina il "Viatico dei viaggiatori" (vi sono riferimenti ai motivi che lo spinsero ad abbandonare Balkh).Proprio l'emiro del Badakhshan, nel 1070, gli fa pervenire una copia della Qasida (Cantico) di Abul Haitham, poeta ismailita. I quesiti posti nella Qasida stimolano Khosraw, su preghiera dell'emiro, a scrivere il Libro che riunisce le due saggezze, uno dei più significativi trattati ismailiti e uno dei più notevoli testi metafisici di ogni tempo. Oltre alle opere già citate, ce ne sono giunte altre, e in altre parole: Diwan (raccolta di poesie), Il libro della luce, Il volto della religione, La tavola dei fratelli, Il libro dello scioglimento e della liberazione.                                                   
Khosraw muore a Yomgan verso il 1074 (secondo altri, nel 1088). Viene sepolto in una tomba modesta, che vi si trova ancora oggi. Gli abitanti del posto, al di là di ogni divisione religiosa tra sunniti, sciiti e ismailiti, concordano nel considerare Khosraw un grande maestro sufi; lo stesso dicasi, in generale, per quanto riguarda gli abitanti di vari paesi dell'Asia centrale russa e dell'Alto Oxo, perciò la tomba del maestro e altri luoghi che lo ricordano ("le fonti di Nazir") sono da secoli meta di pellegrinaggi anche da parte di quei musulmani che sono al di fuori della tradizione ismailita vera e propria. Ricorderemo, per concludere, che nelle località citate operano ancora, nonostante la persecuzione sovietica, delle comunità fedeli a Khosraw e alla Ismailiyya. Tutto ciò torna a onore dei poveri e rudi montanari del Gorno-Badakhshar (la regione che presenta il maggior numero di Ismailiti) e delle zone circostanti, saldamente ancorati, come alla roccia delle vette del Pamir, ad una delle più nobili e luminose tradizioni dell'umanità, e dimostra una volta di più, caso mai ve ne fosse bisogno, che la metafisica é fatta per gente semplice dal cuore puro, tra l'altro abituata a sperimentare quotidianamente le meraviglie naturali quali "segni di Allah", e non per grigi professori liceali e per carrieristi esperti in varie erudizioni fini a se stesse, come quelli che popolano le nostre università e le nostre invivibili e artificiose metropoli.

Paolo Scroccaro
tratto da EST-Ovest, Sezione Tradizione                                     



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