domenica 24 ottobre 2010

LA GERMANIA E L'ISLAM

La Germania e L’Islam
                                                                                    
                                                                                            
Scontro di civiltà o multi cultura.

Non che in Germania manchino gli istigatori, i predicatori dell’odio e gli eterni divulgatori del panico gratuito, anzi. Quello che però fa la differenza sono i toni più civili, la mancanza di show con urla e insulti, le soluzioni conseguenti.
Ad esempio Thilo Sarazzin, ex senatore delle finanze del comune di Berlino, ex Consigliere Direttivo della Deutsche Bank. Ex senatore perché più volte indagato per dubbi finanziamenti in progetti discutibili. Ex Consigliere Direttivo della Deutsche Bank perché è stato letteralmente cacciato dopo l’uscita del suo libro “La Germania si distrugge da sé”, nel quale, tra le altre banalità proprie del genere, ha scritto: «Non voglio che il paese dei miei nipoti e dei miei antenati diventi rapidamente musulmano, nel quale il turco e l’arabo sono parlati correntemente, dove le donne portano il velo e dove il ritmo della vita quotidiana dipende dalle chiamate del muezzin». Il Consiglio Direttivo all’unanimità ha chiesto al Presidente della Federazione, Christian Wulff, l’allontanamento di Sarazzin ottenendo l’approvazione e il consenso di governi e istituzioni internazionali.
L’istigazione, in Germania, non paga.
Il tre ottobre, giorno della riunione delle due Germanie, il Presidente Christian Wulff (cristiano democratico) ha pronunciato un discorso che ha fatto scalpore.
Dopo aver affermato che ormai est e ovest appartengono con pari dignità alla nuova società della Germania unita, ha affermato che, oltre all’ebraismo e al cristianesimo, ormai anche l’Islam (ca. quattro milioni di cittadini) appartiene alla cultura tedesca.
Numerose e stizzite le smentite, soprattutto nel partito cristiano sociale (CSU, partito tradizionalmente bavarese) e anche nello stesso partito democratico cristiano (CDU). La stessa cancelliera, Angela Merkel, si è affrettata a puntualizzare che “la società multiculturale è fallita”. Anche se a pappagallo la frase è riportata e fatta propria da tutti i media e politici improvvisamente elettisi difensori dell’Europa dai valori cristiani, nessuno sa cosa voglia dire.
La società italiana, fatta di tradizioni e culture montane dalla val d’Aosta al Friuli, tradizioni e culture contadine della pianura padana, dalle culture e tradizioni marinare di Venezia, Genova, Mazara del Vallo, non è già una società multiculturale? La presenza di popolazioni che parlano il francese, il tedesco, lo slavo, il sardo, idiomi e dialetti farciti di volta in volta da vocaboli arabi, fenici, greci, albanesi, turchi, non costituisce della società italiana, anche senza la presenza di immigrati, una società multiculturale? Gli spaghetti, il torrone, il caffè, il tabacco, le banali patate, la “padana” casoéla e la cotoletta alla “milanese”, non sono forse retaggio dell’incontro con altri popoli? In Germania la situazione, cambiati i fattori, è la stessa. Prussiani, bajuvari, francesi, sudeti, danesi, sorabi, frisoni, cattolici, protestanti, pagani, atei, contadini, montanari, pastori, marinai, … Una varietà di etnie, religioni, lingue, tradizioni da una regione all’altra, tanto da rendere necessaria una struttura federativa dello Stato con larghe autonomie legislative locali per soddisfare necessità particolari. Anche le festività nel calendario variano da Regione a Regione.
Allora, cosa vuol dire dichiarare il fallimento della società multiculturale?
La società, tutte le società, sono multiculturali. Non esiste una società monolitica, altrimenti si dovrebbe definire “moneitá”.
Christian Wulff ha quindi avuto il coraggio di definire le cose così come sono rompendo con l’ipocrisia della politica della divisione e della discriminazione.
La civiltà umana è una, le sue manifestazioni nell’arte, nella cultura, nella religione, nella lingua e nel colore della pelle, sono molteplici.
Voler stabilire una classifica è una follia.
Forse sarebbe il caso di ricordare ai predicatori dell’odio e della divisione la metafora del corpo umano, nel quale non esistono parti più o meno nobili, ma un’armonia e un’interazione che permettono la sopravvivenza di tutto l’organismo.
Il disegno di Dio, del Dio di tutte le Religioni, non mi sembra difficile da intuire.

Tratto da il Derviscio - Pubblicato il 24 ottobre 2010 da Stefano





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