domenica 5 dicembre 2010

C.I.A. e MATTEI

Terrorismo, globalizzazione, U.S.A., wikileaks
Pubblicato il 5 dicembre 2010 da Stefano

Lo scontro mercantile trasformato in scontro di civiltà.                        
Proviamo a fare un percorso inverso,

La C.I.A. su Mattei

cioè, invece di continuare a smascherare come bufale e complotti i singoli episodi di terrorismo per scoprire inevitabilmente la mano di servizi segreti interessati e armate Brancaleone, proviamo una volta a dare un’occhiata a documenti e studi ufficiali di Governi e Ministeri, anche senza wikileaks, e vedere quali conseguenze questi studi hanno poi avuto sulla realtà.
Prendiamo un paio di esempi dal già molto abusato “Rebuilding American’s Defenses”.
Redatto nel settembre del 2000 da Robert Kagan, Devon Gaffney Cross, Bruce P. Jackson, John R. Bolton e Gary Schmitt (ho messo i Link per gli interessati).
Nelle circa novanta pagine del documento, oltre ad auspicare una nuova Pearl Harbour (pag. 51) per dare agli Stati Uniti la possibilità di schierare sullo scacchiere internazionale una serie di tecnologie e strategie militari avanzate (cosa avvenuta dopo l’undici settembre), elenca una serie di cambiamenti necessari nella strategia internazionale.
Alcuni esempi: cancellare il progetto Joint Strike Fighter, troppo costoso e non più adatto alle nuove tattiche di guerra asimmetrica (terrorismo). Benché i redattori siano tutti conservatori che hanno poi servito Bush nella sua avventura in Afganistan e Iraq, la cancellazione del progetto è stata definitivamente siglata da Obama.
Lo spiegamento di uno scudo spaziale sopra l’America e i paesi alleati (viene usato per la prima volta il nome Homeland Defense). Anche qui, il progetto non si ferma ai confini del partito di Bush e a realizzarlo è chiamato il partito di Obama.
La riduzione delle portaerei, l’aumento della spesa militare, l’alto impiego di nuove tecnologie e la possibilità di agire su più teatri di guerra contemporaneamente. Tutte cose avvenute e realizzate dopo la nuova Pearl Harbour dell’undici settembre.
Un altro documento interessante è senza dubbio il „Rapporto 2020 – Le scelte di politica estera“ realizzato dall’unità di Analisi e di Programmazione – Gruppo di riflessione Strategica del Ministero degli Affari Esteri Italiano con la prefazione di Massimo D’Alema.
Nel rapporto si fa un’analisi accurata di alcune caratteristiche dell’economia italiana e della sua dipendenza dalle forniture di energia. Interessante l’analisi per quel che riguarda le forniture di gas: le riserve di gas naturale sono piuttosto abbondanti. Tre soli paesi – la Russia, l’Iran e il Qatar – ne controllano oltre il 55%. Quasi l’80% del gas producibile nei prossimi decenni si trova in Russia e nelle ex-Repubbliche Sovietiche, in Medio Oriente, nell’Africa settentrionale e in Nigeria. Il gas naturale soddisfa all’incirca il 40% del fabbisogno energetico italiano, quasi il doppio rispetto al resto d’Europa e alla media mondiale. La dipendenza dal gas si traduce per il nostro paese in una profonda dipendenza energetica da un ristretto numero di paesi terzi, prevalentemente extra-europei. Nel caso dell’Italia, gli approvvigionamenti di gas provengono da un numero esiguo di grandi produttori in grado di raggiungere il paese via gasdotto: Russia, Algeria, Libia e Norvegia coprono all’incirca l’80% delle importazioni italiane. La situazione per l’intera Unione Europea è molto simile: Russia, Norvegia e Algeria coprono l’80% delle importazioni continentali. Questo ci obbliga a una politica di multilateralismo che preoccupa molto gli alleati d’oltre oceano.
La contrarietà dell’etablissement americano nei confronti delle politiche ispirate da Mattei è ormai storia (la foto sopra è parte del documento della C.I.A. NLK-99-71E #7) e la continuazione di tale contrarietà è probabilmente alla base dell’attentato di Nassiriya, dove i nostri carabinieri erano impiegati alla protezione degli impianti E.N.I.
Cosa ci insegna tutto questo e a quali considerazioni ci può portare?
La prima considerazione è che oggi, all’indomani della fine della guerra fredda, si scontrano due modelli di rapporti internazionali.
Uno basato sull’antica concezione mercantile che prevede quindi la superiorità di un modello o di una nazione sopra le altre. Nel progetto per il nuovo secolo americano è scritto: ”È nostro obiettivo è supportare la causa per la leadership globale americana … la storia di questo secolo deve averci insegnato di abbracciare la causa di una leadership americana”. Per questo é necessario di tanto in tanto definire “paesi canaglia” quei paesi che non si sottomettono alla pax americana come è necessario di tanto in tanto esportare la democrazia e invadere paesi lontani alla ricerca di ex agenti della C.I.A. improvvisamente passati dall’altra parte e in grado di minacciare la sicurezza mondiale, come nei film di James Bond.
L’altro modello è quello multilaterale o globale che, con le dovute correzioni, presuppone un’ulteriore apertura e liberalizzazione dei mercati internazionali e significa che gli attuali squilibri finanziari riusciranno a essere corretti nel momento in cui si troverà una soluzione condivisa per il forte disavanzo degli Stati Uniti e il corrispondente surplus dei maggiori paesi asiatici e di quelli esportatori di petrolio. Una soluzione senza trucchi finanziari come quello di stampare miliardi di dollari (600) senza contropartite o di propaganda contro un fantomatico “terrorismo internazionale” che minaccia la nostra civiltà e che si manifesta ogni volta che la nostra attenzione deve essere distratta da problemi che danneggiano l’immagine di un paio di nazioni occidentali.
Senza fare del complottismo, quando gli Stati Uniti manderanno in pensione gli agenti che in questi anni hanno diretto le operazioni di guerra asimmetrica su tutto il globo, avremo un mondo più pacifico e potremo tornare a dormire sonni tranquilli

Pubblicato su Il Derviscio di Stefano

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