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Alla fine (ma sarebbe meglio dire al momento) la ricomposizione diplomatica ha chiuso l’incidente: il viceministro degli Esteri di Tel Aviv, Ayalon, ha porto le sue scuse all’ambasciatore turco Celikkol e il Primo Ministro Erdogan le ha accolte; scuse – come osserva Fiamma Nirenstein su “Il Giornale” – “poco convincenti. Netanyahu e il ministro degli Esteri Lieberman hanno aspettato molte ore per dire, in sostanza, che la Turchia ha torto ma Ayalon poteva far meglio”.
Rievochiamo i passaggi della diatriba, ultimo atto della crisi dei rapporti turco-israeliani: alla sua origine sta la perentoria richiesta israeliana di interrompere la serie televisiva turca “Kurtlar Vadisi” (La Valle dei Lupi), perché “antisemita”. In un episodio il protagonista del telefilm, Polat Alemdar – che è anche personaggio principale dell’omonimo film, record di incasso in Turchia ma ampiamente boicottato nei paesi occidentali, ove ha meritato solo fugaci apparizioni – prende d’assalto una missione diplomatica per salvare un bambino turco rapito dal Mossad.
Alemdar (che in turco significa “portabandiera”) uccide uno dei rapitori e, accusato da un altro agente del Mossad di avere commesso un crimine di guerra, gli risponde: “Soltanto voi potete compiere di questi crimini?”.
Il viceministro Ayalon ha immediatamente convocato l’ambasciatore sottoponendolo a una “reprimenda umiliante”, secondo quanto riportato dagli stessi media israeliani e secondo quanto documentato dalle immagini televisive fatte diffondere – a guisa di lezione a futura memoria – dal viceministro: niente stretta di mano, nemmeno la consueta bibita di cortesia e l’ambasciatore messo a sedere in basso rispetto ad Ayalon e a tre funzionari del ministero che lo accompagnavano. Nessuna traccia, infine, di bandiere turche, ma soltanto quella di Israele a sovrastare i convenuti.
La sceneggiata – accompagnata come si diceva dalla richiesta di interrompere la serie televisiva – non è assolutamente piaciuta al governo turco, che ha richiesto scuse ufficiali pena il ritiro dell’ambasciatore a Tel Aviv.
Ragioni di equilibri politici interni all’esecutivo israeliano potrebbero avere contribuito a innescare la vicenda: secondo una fonte anonima richiamata da “Haaretz” Ayalon avrebbe agito su impulso del suo superiore Lieberman per guastare l’atmosfera della visita di questi giorni del ministro della Difesa Barak in Turchia; non è infatti un mistero che il titolare degli Esteri israeliano sia ostile alla mediazione di Ankara con la Siria e, più in generale, sia contrario a un’alleanza strategica con un paese che sta rompendo con i dettati classici occidentali.
La distanza da tali dettati si misura anche dal rifiuto turco di incrementare – secondo i desideri di Obama – la presenza militare in Afghanistan, ove Ankara tiene volutamente un basso profilo e si dedica perlopiù a progetti di ricostruzione, soprattutto scolastica; e dal voto di astensione sulla deliberazione dell’AIEA di censura all’Iran per la questione del nucleare – nell’occasione le stesse Cina e Russia si sono schierate con gli Stati Uniti, votando a favore,.
Ecco perché Israele non lesina pressioni e strattonamenti al vecchio alleato: e un consolidato “complesso di superiorità” sul mondo islamico fa si che, nell’articolo che citavamo all’inizio, Fiamma Nirenstein possa sostenere che “la vicenda è la goccia che fa traboccare un vaso che la Turchia ha in questi mesi coscientemente riempito” e che, addirittura, “Israele è stata la vittima sacrificale della svolta turca, la sua bandiera. Non c’è stata occasione diplomatica in cui Erdogan non abbia dato sfogo a una profonda antipatia e riprovazione verso lo Stato d’Israele”.
* Aldo Braccio, esperto di affari interni ed esteri della Turchia, è redattore della rivista “Eurasia”
Turchia :::: Aldo Braccio :::: 18 gennaio, 2010 :::: Eurasia.
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